Notti notturne

sabato 28 aprile 2012

Parlami di Sic il Beat

    Il      beatnik
      di      Coriano
di Matteo Tassinari

Dal Beatnik di Coriano, mi distanziavano appena 14 chilometri. Vivevo a Rimini, lui a Coriano, nato a Cattolica. In Malesia, a Sepang, con 24 primavere addosso, Sic sgasò per l'ultima volta, o forse lo tolse del tutto il gas, proprio davanti all'amico Valentino, nato a Tavullia, ad un tiro di schioppo da Coriano. Rimase attaccato alla moto che aveva preso tutt'altra direzione rispetto a quella che Sic avrebbe voluto dargli. Poi, immancabile, è arrivata l'ondata emotiva ed eccitata del solito cicaleccio sportivo, sempre pronto a piangere a comando, ma solo in caso di morte. Sono nato nella terra del triangolo magico per i ragazzini che lungo la litorale adriatica si affrontano anche tutto il giorno per divertimento o per gare vere e proprie. Romagna, terra di sognatori, dice Lucio Dalla in "Ayrton", la canzone stupenda dedicata al pilota di Formula 1 Senna, sulla quale regnano ancora dei dubbi sulle sue dinamiche.


Libertà e passione

"Tutte cazzate" avrebbe detto Sic alzando le spalle e sorridendo come solo noi romagnoli sappiamo sorridere delle cazzate. Qui, in Romagna, dove i motori sono vita, libertà e passione, si corre sin da piccoli sui Go-Kart o sui mini due ruote e non sarà certo il linguaggio di un giornale (?) a cambiare la sostanza, con le sue trovate Cool, anche se vorrei scriverlo in romagnolo, mi divertirebbe, ma diventerei volgare. E noi romagnoli siamo nobili, signori raffinati e dai modi di fare snob se non aristocratici, tutto meno che volgari. Puttana vacca troia, come devono finire certe cose, proprio  il tuo amico del cuore Valentino ti ha travolto, che ai box non riusciva a capacitarsi all'accaduto e non riusciva a capire dove buttare gli occhi, lo sguardo, il volto. Era perso e domandava ai meccanici come è avvenuto tutto ciò. Ma anche loro avevano poche risposte. Cut vegna un culpazz!  
Sepang, 18 ottobre. Oggi pomeriggio tutto il Paddock della MotoGp è andato in “pellegrinaggio” (così lo ha definito Valentino Rossi) alla curva 11, dove è stata deposta una targa per onorare la memoria di Sic
        Sentirsi      campione
                del     mondo
Andate sulla statale dalle parti di Cervia, Milano Marittima, lido Di Savio e notate quanti bambini al seguito dei propri genitori, spesso piloti pure loro, si danno la "paga" su motori a noleggio in circuiti organizzatissimi per ogni fatalità. Infatti sono molti gli incidenti che avvengono in questi circuiti nascosti solitamente dagli alberi che questa regione ha saputo conservare, ma che io sappia sulle piste romagnole dei baby-motor, nessuno è mai morto. Ma il circuito, non quello dove corrono le moto, ma quello che fa girare il busyness, a Sepang per intenderci, tutta questa armonia antropologica e endemica, viene brutalmente sostituita con ingenti interessi e testimonial d'eccellenza per somme da capogiro. Ma Sic non poteva e non voleva rimanere stretto alla sua terra che rimaneva comunque la sua base. Voleva raggiungere il gradino più alto. E c'arrivò, gustando la paura della solitudine di chi si sente chiamare campione a 20 anni o poco più. Chissà che effetto fa leggere sui giornali del globo che sei un campione del mondo. E' uno strano e feroce tragitto quello da compiere con quelle belve pronte a bere del C7H6O2 acido benzoico.

"Putenza, sla tira"
Sulla Litorale Adriatica, da Ravenna a Pesaro (una striscia d'asfalto lunga 70 km) sono sparsi decine di centri e scuole di motociclismo, "Mini Go-Go" o "Fox go karts than for ever before", oltre a tanti trans sud-americani e italiani, dove si svolgono i Campionati locali, regionali e nazionali. Dove ad ogni ora del giorno fino a notte fonda, vedi adolescenti sfidarsi per il gusto dell'affermazione personale (non si corre mica per perdere, Dio santo!) e del confrontarsi fra amici d'infanzia. Marco inizia a 6 anni inizia a correre e a vincere sulle mini-moto di Cattolica e ha già deciso: "Da grande voglio fare il pilota. Da bimbo avevo questo sogno qua, sognavo di correre e vincere quelle gare di Motomondiale che guardavo la domenica in televisione con mio babbo". Capisce che quelle due manopole sagomate, sono le sue protesi meccaniche che lo lanciano in aria a viaggiare ai 100 km su una gomma, "Dio bo' se viaggiamo!" ripeteva. Capisce che la scaltrezza e l'istinto sono anche poesia in velocità e che la fortuna farà il resto. Non sempre, poi capisci, inutile aggiungere altro, perché se il sogno non era più tale, s'era materializzato tutto quello che desiderava. Troppo prepotente, assolutistico, incontenibile, tanta era l'imponenza di 18 anni vissuti per la 500. Disse Valentino: "Il Sic per me era come un fratello minore, tanto duro in pista quanto dolce nella vita".
La vita di Sic    
"Da bambino avevo questo sogno qua"
Ma non è solo questione di troppa generosità o sfiga o di chi piscia più lontano. Svettare su quella che poi diventerà la sua 500 Honda, era l'obiettivo di Sic. E ce l'ha fatta. "Risparmiavamo i soldi del gelato per poter fare un paio di giri in più in pista" ricorda ancora nelle interviste quando divenne personaggio. Solitamente la generosità è vincente. E Sic, senza timore di retorica, lo era tutt'e due, generoso e vincente. Sapevo, facendo il giornalista di questa carriera da grande di questo "bambino" che stava scalando le cime più alte dei Fast & Furios a 2 ruote che non cedono neanche alle leggi di gravità per continuare come tigri ad andare procedere anche quando è naturale cadere, a rischio di lasciarci l'esistenza.
                                         
      La CARTOLA
La "Cartola", personalità in slang romagnolo, di Marco, quello col capello selvaggio e nemico del pettine (come non capirlo, sono decenni che non mi pettino) dieci collane tra cui quella col segno della Pace. Style da vero Beatnik del famoso distretto di Haight-Ashbury di San Francisco, per prendere le strade impervie dei circuiti. Sic non confondeva mai l’impossibile con l’insolito, la sua visuale era molto più ampia e alternativa. Per lui la fine non esiste. Ma perché, pensate che la poesia sia così diversa da Sic? Che l'arte e la follia delle due ruote a velocità aberrante, non sia collegata ad innesti di incantesimo e leggerezza? Marco era così, folle, ingenuo, leggero e dirompente d'umanità. Certo è che a nessuno sfuggiva quell'impenitente che come suo padre, ricalca alla perfezione i tratti classici di quelli che abitano tra il mare e la pianura, appunto il perimetro magico di cui sopra.
 l'è propri andè
Mah! Trema d'emozione la chiesetta di Coriano quando il vescovo Francesco Lambiasi, conclude l'addio da questa terra, da questa terra di sognatori: "La mattina prima della gara hai detto che desideravi vincere il Gran Premio Marco per salire sul gradino più alto del podio dove tutti potessero vederti. Ora ci addolora non vederti Marco, inutile far finta di nulla, ma ci riempie di pace sapere che ci guardi dal podio più alto che ci sia". E qualcuno dalla folla borbottò: "Diobbò, l'ha propri razon e vescuv sta volta: l'è propri partì e mei ad nui etar" che tradotto dal dialetto romagnolo significa: "Questa volta il vescovo ha proprio ragione, è partito il migliore di noi altri". Il silenzio s'abbatté su 25mila persone.
Tributo a Marco, angelo che vola in Paradiso


A presto Sic!


Le lacrime scendono. Il magone sembra non voler lasciare la gola dei volontari, degli amici, dei piloti, della gente accorsa per un saluto. Il mondo delle moto, giacche di pelle, occhiali scuri anche se piove e sguardi repentini, d'intesa, composti, calorosi, sinceri nel salutare quel ragazzo col cerotto sul naso.  Una moltitudine torma di un branco rimasto senza fiato quel 23 ottobre, nel vedere attonito tuo babbo che con un 50ino preso al volo ti voleva raggiungere, forse per darti un bacio da vivo, oppure per incrociare lo sguardo di suo figlio o per trovarlo morto. Lui cercò di fare qualcosa, non poteva stare fermo, sentiva l'assenza assoluta avvicinarsi troppo ferocemente, una tigre che graffiava troppo a fondo. Non so come si chiami quell'uomo baffuto anche lui amante dei motori, e non importa. Se dovesse leggere mai queste parole, e non farò nulla affinché lui le legga, sappia che da sempre Marco ha "quadrato il cerchio", e fuck Sepang!

Un Angelo bellissimo 
Due ragazzi del borgo 

Si due ragazzi del borgo, cresciuti troppo in fretta, cantava Francesco De Gregori, ricordando la storia di Sante e Girardengo. Chissà cosa scriverebbe oggi per una storia ancor più tragica. Due ragazzi,  radici in comune, un solo amore: la bagarre. Un tempo li ricamavano "piloti pane e salame", con quei pazzi che arrivano in pista con una moto assurda con dentro 270 cavalli, su un carrello. Sarò banale e ingiusto e retorico, ma nella testa continua a passare un "perché"?