Notti notturne

giovedì 8 agosto 2013

La figlia del boia

Questo post l'avevo già pubblicato, ma per i soliti motivi di cui non si conosce mai il motivo, non me lo sono più ritrovato. La storia non volevo lasciarla cadere, per questo lo ripubblico
   Piangerai innocente
         le colpe   del padre      
Cuore di  babbo. Luce dei miei occhi. Vita mia. Pure i criminali sanno dire queste cose.
Papà Ratko le diceva alla sua Ana. La più grande. La preferita. La chiamava “figlio mio”.
Figlio anche se era una figlia, perché in certi mondi non c’è modo migliore d’amare una
primogenita che considerarla un maschio. Il generale e la bambina. Ratko la coccolava,
coccolato da lei. Ana l’abbracciava, ed era abbracciata da lui. Lui le dava da pulire la Zastava,
la pistola dell’accademia militare, dicendogli che un giorno l’avrebbe regalata per donarla al
suo primo figlio, suo nipote.
Alienazioni mentali di questo tipo il mondo ne è pieno. La mente è molto più ampia del cosmo. Lei era entusiasta per questa raccomandazione e lo dimostrava energicamente parlando fiera alla gente di chi pensava fosse suo padre, un generale della Federazione Serba, meglio di un attendente, olio e acquaragia, contenta d’ubbidire a suo padre, lustrava con stracci la Zastava per il giorno della nascita del suo primo figlio. La Zastava sparò, ma non a quel bambino tanto atteso e mai nato, ma l'usò contro se stessa sparandosi alla tempia e sparire per sempre, come se si sentisse responsabile anche lei degli eccidi del padre. Succede, eccome. Succede spesso. Quando certe anime sono così fortemente immacolate, come quella di Ana, capita che si accendono forze
divine, oltre non vorrei dire su questo misterioso punto.
Mladic e le sue milizie


L'orrore mitologico      



Poi accade che Ana
diventa grande. Meno soggiogata e infatuata dalla figura del padre per alcune notizie che arrivano come un violino rotto e scordato che emette stridenti rumori insopportabili al sol udito. Meno allegra. Più claudicante e taciturna quanto ombrosa. Meno bella, anche. Iniziò a dimagrire e non parlare più con nessuno della sua famiglia. Cosa fosse successo nella mente della figlia del generale è materia di un romanzo eccezionale, opera della scrittrice Clara Usón, per i tipi della Sellerio intitolato La figliaQuasi cinquecento pagine, anni di elaborata esplorazione nella psiche di una giovane donna travolta in poco tempo da spettri, larve, intuizioni, incubi, illuminazioni dalla luce color corvino, per ricostruire un affresco shakespeariano, drammatico, commovente, tormentato fino al punto del non ritorno, sul rapporto che intercorreva tra il generale e "suo figlio". Un amore fideistico, tanto cieco da non contemplare l’evidenza dell’orrore e delle responsabilità di Mladic nel conflitto bellico dei Balcani. Un’opera imponente che si pone sulle tracce delle antiche tragedie greche, che scruta con il mezzo letterario la deflagrazione che avviene nella psiche di una ragazza mentre comprende lentamente la verità sulla figura paterna. Una verità con la quale non riesce a fare i conti, che si intreccia indissolubilmente con la storia antica e recente dei territori della ex Jugoslavia e tutti i suoi nazionalismi isterici e fanaticiUn gesto, quello di Ana Mladic, che suo malgrado avrà ripercussioni sulla Storia, che scatenerà la ferocia di Mladic e le sue milizie fino all’estremo. Viene da ridere. La chiamano guerra etnica, come se l'etnia diversa giustificasse il macello avvenuto e gli stupri di massa, il sangue come acqua per calmare i furiosi istinti e là, per giunta, l'etnia era una sola per musulmani di Bosnia e ortodossi di Serbia e cattolici di Croazia. 
Contadina in uno dei tanti cimiteri improvvisati a Srebrenica
     Cuore nero                
Scoprì il cuore di   tenebra di suo padre, la violenza nera di cui Ratko Mladic era il vessillo, generale delle forze armate per conto del folle progetto ideato da Milosevic e Karazidc, la cosiddetta Grande Serbia. Gli occhi di Ana presero un’altra luce. La sua vita improvvisamente divenne incubo. Si lamentava di continui mal di testa, di non potersi concentrare nello studio per gli esami finali, era triste, abbattuta. Ana che sognava di diventare chirurgo perché da giovane era stato il sogno frustrato di papà.


La Zastava
Aveva 23 anni, ed era il 1994. Aprì l’armadietto di casa, tirò fuori la Zastava per spararsi un colpo alla tempia. Spararsi per sparire dall’orrore commesso dal padre in quel periodo. S’è portata il segreto nella tomba, s’usa dire. Quando certe tombe nono hanno alcun segreto. Una tragedia greca, o russa. Il rapporto di Ana con suo padre non ha nulla d’edipico. E’ tutto in un video che si può vedere su Youtube. Ci sono loro due che scherzano durante un picnic. Lo schermo nero. La scena dopo si vede il generale Mladic che piange sulla tomba di sua figlia Ana, convinto che l’abbiano uccisa, un complotto da parte delle milizie nemiche.
Un colpo al     cuore,
l'altro alla    tempia
La storia di   Ana, cambia totalmente, durante un viaggio a Mosca, dove con alcuni compagni e sente molte cose, troppe. Ne discute con gli amici. Cercano di rassicurarla, ma lei capisce che razza di criminale sia suo padre nella realtà, una verità a lei sempre taciuta. Uno shock emotivo come una scossa da sedia elettrica. Mettetela come volete, ma in Ana c'è molto di noi, più di quello che pensiamo. Altrimenti saremmo veramente ridotto all'ammasso. Per questo ritengo che il libro "La figlia" sia un romanzo che non può, non deve passare inosservato. In ogni biblioteca sarebbe opportuno che vi fosse uno spazio riservato ai libri "per non dimenticare". Questo bel libro ha pieno diritto e titolo di essere conservato là, è il suo giusto posto. Sarebbe sbagliato considerare la vicenda di Ana solo una tragedia singola avvenuta come capitano tanti tragici fatti, perché simbolicamente è pregna di significati, sul fronte padre-figlia, bene-male, terribile illusione poi frammentata, violazione del proprio amore, non so se riesco a spiegarmi. Solo chi s'è trovato sul bordo del crinale può dirlo, quando tutto è precluso e l'abbandono diventa abitudine. 
Pistola e Stirpe
Torture.  Stupri.
Ana realizza che il suo punto di riferimento, forse, non è l’eroe che crede. Torna a casa cambiata, introversa, non dice a nessuno che cosa pensa: Ci sono interpretazioni possibili. Ana si uccide per uccidere in realtà suo padre. O perché sente il peso della colpa e non può conviverci. O è una sorta di sacrificio. Mi ammazzo perché tu capisca. Io sono la persona al mondo che tu ami più di tutti e devi capire la sofferenza che stai infliggendo all'umanità. Tutte ipotesi che non hanno valore reale, ma solo tentativi per capire a fondo (se ci è permesso) il senso della mattanza di cui l'uomo è capace di macchiarsi e continuare a vivere convinto delle proprie idee come un pazzo vive rinchiuso nel suo castello di fissazioni e frustrazioni, un oceano di paranoie a getto continuo, senza tregua, da qui la ferocia di un uomo che ormai non aveva più coordinate, ma solo ectoplasmi mentali da nutrire.
"Operazione Stella"
A Belgrado,
non è un segreto dove sia la tomba di Ana Mladic. Ratko c’andava di nascosto nei sedici anni di latitanza. Il giorno dell’arresto volle deporvi sei rose prima d’essere portato all’Aja e processato per l’assedio di Sarajevo, la pulizia etnica in Bosnia e il genocidio di Srebenica. Il fratello di Ana, Darko, sopravvive negando il padre genocida. Invece, si sente ancora dire come il Premier Nikolic, cose vergognose. Ad esempio che i campi di concentramento serbi erano stati realizzati sul set di Hollywood, con modelli anoressici. 
     
La calda estate bosniaca
La tragedia   di Ratko e
Ana, termina lì, nel più feroce sterminio mai visto in Europa dopo il Nazismo. Dopo la morte di Ana, che lui chiamava Stella, Mladic rade al suolo Gorazde, una città della Bosnia ed Erzegovina e capoluogo del Cantone Podrinje, che sorge sul fiume Drina a nord dei monti Sandzak, un paese perso tra i monti balcanici di appena 30mila abitanti. In codice, “Operazione Stella”. Un anno dopo, gli otto mila massacrati nell’estate contadina della Bosnia orientale: “C’è un Mladic prima e dopo la morte di Ana. Un uomo impazzito dal dolore, disperato, dilaniato dalle fiamme di una sofferenza fantasma quanto reale. Sono convinto che Srebrenica sia stata una vendetta sul mondo, uno sfregio sulla ragione degli innocenti, un atto criminale che non può avere eguali, l'infamia gratuita. Gli stessi esperti militari dicono che ammazzare tutta quella gente, per giunta in pochi giorni e in che maniera, non aveva alcuna logica, ne senso, neppure ragione, anche sul piano strategico militare”, sono le parole dell'autrice.
Srebrenica, fossa comune. Solo un particolare. Notate come i corpi dei morti siano tutti come imbalsamati? E' la Cicatrena, disinfettante in polvere usato contro eventuali pandemie. Tutto pianificato, tutto previsto, tutto pronto  


Vicinanze insopportabili

Ratko, la belva ora langue
in una cella olandese, il processo pure. I giudici ascoltano i suoi deliri sull’Europa in pericolo e sull’Islam da fermare con ogni mezzo, perché quello, secondo Mladic, il pericolo numero uno per l'umanità.
Ratko Mladic, per nulla pentito di niente,
mentre si difende al Tribunale dell'Aja
Alexander Langer
"Lo leggo e mi spavento. Perché quei discorsi li conosco”, dice la scrittrice Clara Uson. Ora, che rispunta le xenofobia e le albe dorate in Europa, non si vedono nuovi Mladic, ma ci sono e rispunteranno con le loro vecchie idee. S’allarmavano perché i turchi si riproducevano troppo e questo avrebbe annientato la Serbia. E quel che si diceva per gli albanesi in Kosovo e abbiamo visto la fine. Ana la vide troppo vicina e non sopportò quella vicinanza

       
        Questa storia
ricorda quella di Alexander LangerCerto, personaggi e posizioni diversissime, ma la lealtà verso la percezione della grazia per l'umanità sono identici, simili, si distinguono immediatamente, quella di Alex ed Ana, così lontani eppur così vicini. Di questo grande uomo scrissi tempo fa, a chi interessa può cliccare http://mattax-mattax.blogspot.it/2012/08/alex-amico-mai-incontrato_9847.html