Notti notturne

mercoledì 27 novembre 2013

Facebook, incontro di solitudini

Mark Zuckerberg, ideatore di FB
FB: lo spazio
vuoto
sempre pieno


di Franco Bifo Berardi e Matteo Tassinari
Facebook è l’incontro di milioni di solitudini. Il posto più solo al mondo. Come gli Ipermercati, trovi di tutto e di tutti, in un ingorgo di persone, vociare e tanta gente assieme tutta sconosciuta. Dove si trova di preciso? Nessuno potrebbe rispondere a questa domanda, perché Facebook non esiste, semmai esistiamo noi che lo rendiamo vivo, regalando milioni di dati e informazioni private e parecchi dollari al giovane talento Mark Elliot Zuckerberg. Le regole che governano questo territorio affollatissimo e desertico sono misteriose e indiscutibili.
Ricordo che, forse mille anni fa, perché il tempo di Facebook è così rapido che si dilata infinitamente nella memoria, c'era un sito che si chiamava "tutti debbono sapere." Era una pagina dedicata alla resistenza contro la riforma Gelmini che in un'era passata si proponeva la distruzione della scuola italiana. Impresa brillantemente condotta a termine.
Diecimila persone erano collegate a quella pagina: insegnanti, genitori, studenti. A un certo punto quella pagina scomparve, cancellata senza motivazioni senza spiegazioni. Per violazione di qualche norma di un regolamento che nessuno conosce. Facebook è così. Come le luci di Las Vegas, in mezzo alla città del vizio, del gioco d'azzardo, del brivido, tra la California del sud e l'Arizona, una delle parti più belle degli State's per le sue panoramiche e colori, sei pure legittimato a sperare nella botta di culo. Su Facebook a cosa sei autorizzato a fare? Ad una terribile riduzione o livellamento verso il fondo del barile dell'espressione fotografica, letterale, poetica e, scusate se è poco, manomissioni della propria privacy.
Quei famosi 15 minuti
Quando morirà Facebook (e accadrà, nell'infinito del tempo vuoto che ci attende), sarà comunque troppo tardi. Non a caso la frase più ascoltata durante l’ultima estate vacanziera "Ci scambiamo l'amicizia", è il sintomo dell’ansia collettiva di strappare brandelli al quotidiano e immortalarli nella galleria dell’immaginario condiviso, nel tentativo di avvicinarsi inesorabilmente ai famosi 15 minuti di gloria di warholiana memoria, un modo per mettersi in vetrina, la stessa logica, in dimensioni ridotte, del Grande Fratello. Stessa logica se vogliamo.
Ma ad un certo punto
è bene svegliarsi dal torpore e dormire un bel sonno. Difficile è narrare qualcosa che valga la pena di leggere e non imporre testi improponibili ringraziando chi invece ci regala i suoi silenzi. Ellissi, iperboli, parole gergali, calembour, vita mangiata negli orari sbagliati, fumo e catrame, tutto vuoto pneumatico per “I nuovi poeti del Web”.
Bukowski era contrario a FB
Pensare che Bukowski scriveva i suoi versi dietro gli scontrini fiscali che gli rilasciavano alla mensa dei poveri dove mangiava. Poeti non ci s’inventa, Poeti on the web, né si nasce. Lo si diventa. Questo tu chiedi? Non aspettarti alcuna risposta. Sei su Facebook, quindi accettale tutte, una ti piacerà certamente e sarai contento, convinto d’essere riuscito nella tua piccola operazione per te così rivoluzionaria. Come al mercato della frutta. Capita di ricevere sempre più spesso messaggi (spesso comicamente disperati) di persone che sono state bannate dal social network e annaspano perché la loro socialità si alimentava sempre più degli scambi di messaggi e della continua consultazione del sito nel quale chi è solo può trovare la coccolante conferma della sua esistenza e la sensazione vaga di avere amici, anche se più tempo passi davanti allo schermo, meno amici avrai nella carne e nello sguardo. Una bomba psichica a tempo destinata a distruggere ogni empatia tra esseri umani, ogni capacità reale e oggettiva di scambio reciproco delle proprie idee e desideri, cercando l'anonimato come metodo aggregativo per non donarsi, la chimica che scatta come quando ci si guarda negli occhi. E' ormai un'ovvietà che la gente segua quel che fa il gregge, sempre senza tanto riflettere, confermando il motore immobile di tanti successi commerciali. Nel mondo reale come in quello virtuale. 
Cultore multitask
erotico reazionario
Non stiamo parlando unicamente di giovanissimi smanettoni, come vorrebbe il luogo comune, ma anche di signore e signori di mezza età che trovano nell’esercizio quotidiano del cambio di “status” un’efficace maniera per lanciare messaggi subliminali in occasionali, quanto impegnative, derive penosamente sentimentali. Facebook sta trasformando tranquille casalinghe e placidi ragionieri in scatenati cultori del multitask erotico, mai ci fu più malandrino attentatore alla serenità della coppia, ma solo perché quello che si faceva di nascosto oggi è sotto il controllo di tutti. Anche il biondino Bill Gates s’è distanziato da Facebook. Ogni giorno, circa 10mila sconosciuti, volevano diventare suoi "amici". Un pò tantini i tontini. E' come se in un bar qualcuno volesse stringervi la mano ogni 10 secondi. Oppure come se la vostra donna volesse ogni 7 minuti 5mila bacini sulla guancia. Diventa stressante, dura anche fisicamente, seppur animati dai migliori intendimenti ardimentosi.
Fino a mattino presto, sbiellati
Consorzio umano
 XL


Un Moloch al Silicio,
un consorzio umano virtuale extralarge ed eterogeneo che esige o richiede un sacrificio assai costoso di cui ora non ci rendiamo conto. Facebook non aggrega affatto, come non forma soggetti critici ma plasma a se stessa l’interlocutore, privandolo della sua creatività, illudendolo proprio laddove viene fottuto, ossia gli fanno pensare di "creare" attraverso Fb.
                                                   Quanti
     Che       Guevara 
ho visto solo perché postavano un'immagine pro-Castro sull'embargo a Cuba? O quanti aforismi deficienti sono passati impunemente assieme ai milioni di emoticons e faccette. Uno specchio rotto, che offre un’immagine frammentata in mille punti e sbriciolata in ogni consistenza oggettiva del reale. Arriva un momento dove ci si accorge che lo strumento è diventato improvvisamente inutile o invadente, come quando cresci e capisci che se vuoi andare al campo a giocare con i più grandi, non puoi più portarti dietro l’orsetto di peluche.
Ti cercano e ci cascherai. Parrebbe inevitabile,
essendo tutto gratis, come l'essere poeta e scrittori poeta pazzo


Sottovalutati
i lati oscuri di FB
L’amore come l'amicizia e la fratellanza, sono desideri primordiali degli esseri umani o, per usare un’espressione di Jung, una realtà archetipica. Poiché ricorriamo alle storie per dare un significato e struttura agli eventi, è nelle nostre storie d’amore e di amicizia che cogliamo una rilevanza unica. La sincronicità di coloro che amiamo, dunque, non risiede nel soltanto nelle incredibili circostanze in cui si sono formate le nostre storie d’amore, ma nel significato interiore che vediamo e viviamo in queste storie della nostra esistenza. 
Pagando 5mila euro diventi poeta,
grazie alle case editrici che hanno
fiutato l'affaire. Tornerò sull'argomento!
Poeti on the web
"E' come se la tecnologia
stesse riprogrammando le nostre menti", ha scritto sul New York Times Nora Volkow, esperta mondiale del sistema nervoso centrale disturbato da effetti compulsivi di persone che passano le notti intere Per questo motivo, Facebook è spesso una trappola, soprattutto per i milioni di persone al di sotto dei ventanni. dal di sotto dei ventenni. Ed è bene dircelo, prendere coscienza di questo, perché è un ibrido che poi viene in grande parte venduto agli inserzionisti pubblicitari spinti dalla smania dei consumatori a rivelarsi e svelarsi, cedendo informazioni private, quindi, cedendo altro potere alle aziende inserzioniste. Perché quelle stesse referenze possono essere usate in tanti modi, anche per negare un lavoro o una copertura sanitaria. Facebook è così.
“tanto è un gioco”

Anche i governi e le multinazionali, usano i socialmedia per aggregare dati sui cittadini e chi naviga, con le maglie larghissime perché “tanto è un gioco”. Gli rendiamo la vita molto più facile, raccontando se ho problemi alla Prostata oppure al setto nasale. Emerge così, la parte più infantile di noi, quella che esige attenzione e ci fa dire cose stupide ma importanti per carpire gusti o tendenze, facendoci dimenticare che a volte è meglio stare zitti e sembrare stupidi che parlare e fugare ogni dubbio, chiosava il solito Oscar Wilde, che negli aforismi era tosto, ma che palle che quel suo presenzialismo, molto più esposto rispetto a quello del collega americano e più recente Truman Capote.
Jaron Lanier a destra, intervistato da Harry Kreisler su "Cultura tecnologica"

Lanier su Fb:


"informazione alienata"
Siamo ad un punto dell'avvilimento sociale tramite social media che ci facciamo paura da soli, che ci rompiamo quel briciolo di vera e sana amicizia che una volta c'era.
Jaron Lanier ha pubblicato “You are not a gadget”, che costituisce per quel che ne sappiamo la migliore critica del Web 2.0 e particolarmente del social network che ha attratto più di mezzo miliardo di utenti. “La funzione di questo modello non è, scrive Lanier, rendere la vita più facile per la gente. Lanier parte dalla premessa che l’informazione è esperienza alienata. L’esperienza reale è il solo processo che può disalienare l’informazione”. Cosa c’entra in tutto questo Facebook? C’entra eccome! Perché Fb è la forma più compiuta di un totalitarismo algoritmico di cui Lanier parla così: “Con la formazione del Web 2.0, si è verificata una forma di riduzionismo. La singolarità viene eliminata da questo processo che riduce a poltiglia il pensiero.

"Ebbene sì, io li accuso!"

Lanier, basandosi sui suoi studi, sostiene che: "Le pagine individuali che apparivano nella prima fase di Internet negli anni ’90, avevano il sapore della persona che le faceva. Se una chiesa o un governo facessero una cosa del genere lo denunceremmo come autoritario, ma se i colpevoli sono i tecnologi, allora sembra che tutto sia  alla moda, inventivo e cool”. Per finire, Lanier si chiede: “Sto forse accusando centinaia di milioni di utenti dei siti di social network di accettare una riduzione di sé per poter usare dei servizi? Ebbene sì, li accuso. Conosco una quantità di persone, soprattutto giovani ma non solo che sono orgogliosi di dire che hanno accumulato migliaia di amici in Facebook. Ovviamente questa affermazione si può fare solo se si accetta una riduzione dell’idea di amicizia”. Preoccuperebbe per la prossima generazione che cresce con una tecnologia di rete che esalta un’aggregazione formattata e che non saranno forse più inclini in futuro a soccombere alle dinamiche della vita. Cioè l'esatto contrario del processo informatico imboccato da queste trappole di nuova generazione. Fermo restando che parliamo di Facebook, tutto il resto non c'interessa in questo caso. E non siamo certo noi a fare di tutta un'erba un fascio.
Un ectoplasma urbano aleggia sugli agglomerati

      "Mi preoccupa la

prossima generazione"
Il problema è: fino a che punto questa riduzione potrà arrivare? "Se si tratta di persone che hanno ormai un’esperienza psichica ed esistenziale, probabilmente Facebook finirà per essere solo una enorme perdita di tempo e una trappola come è successo per le diecimila persone che hanno affidato a Facebook la loro azione politica e comunicativa. Ma se l’utente ha otto anni o dodici, allora io credo che la questione sia molto più pericolosa. E’ preoccupante, per la prossima generazione che cresce con una tecnologia di rete che esalta un’aggregazione formattata e fittizia. Non saranno forse più inclini a soccombere alle dinamiche di sciame?”.
Non esiste utente FB con figli, che non l'abbia esposto a riprese nel profilo
Facebook?

una trappola!
Queste parole non le ha scritte un umanista nostalgico, né un rabbioso sovversivo luddista, tanto meno uno smanettone di Palo Alto, ma un ingegnere informatico che ha immaginato la rete molto prima che Internet esistesse, noto per aver reso popolare la locuzione virtual reality, realtà virtuale, di cui è peraltro considerato un pioniere. Per questo dovremmo ascoltarle e rifletterne il messaggio, perché la nostra socialità, attraverso la rete ed esca dalla rete e invada la vita, che altrimenti non ha più amicizia, né piacere, né senso. Nella speranza che non tutto si plastifichi, a cominciare dai sentimenti primari. 

giovedì 21 novembre 2013

D'Alema: mi odino pure, purché mi temano

Più Astio che Odio
Massimo    D'Alema, è uomo famoso per il suo acredine e livore, ma non le faremmo mai il torto di mettere in secondo piano il suo astio e l'odio che la nutrono giorno e notte, è uomo certamente tenace. D'Alema è diventato tutto in politica, senza aver ottenuto nulla, eccetto clamorosi fiaschi politici e d'immagine. Un eterno vincente di serie B in fase retrocedente. Ha sempre spezzato e disprezzato tutto ciò che d'interessante (assai poco) stava per prender forma a sinistra. Un Dio che non sia anche il Dio degli altri non è un Dio, è un idolo. Ma la saggezza non sta nel distruggere gli idoli, ma nel non crearne. Gli idoli sono come uno spauracchio in un campo di cocomeri. Non sanno parlare, bisogna portarli, perché non camminano, è faticoso! Non temeteli, perché non fanno alcun male, come non è loro potere fare il bene. In fondo l'errore è anche nostro, di uomini e donne che cercando sempre Iddio, trovano sempre un idolo.
di William Shakespeare
 e Matteo Tassinari 


Le colpe che sai
"Così, spesso, accade a uomini singolari, per colpa d'un capriccio, di un neo della natura, per l'abbondanza d'un qualche loro umore, che recinti e difese della ragion travolga, o per un'abitudine di cui si faccian schiavi. A questi uomini, segnati dal marchio del difetto, accade, che l'altre loro virtù, se anche pure come la grazia, appaiano al giudizio del mondo, guaste e corrotte, putride e naziste nei sentimenti. Questa è la tragedia dell'indifferenza umana e di Massimo D'Alema l'algido. Da quando l'anima mia, che mi è cara, fu padrona di scegliere e apprese a distinguere uomo da uomo, scelse te, e ti segnò nel suo sigillo.
Mangiato troppo? Alka Seltzer. Valido anche per i piduisti
Tutto sopportando,
nulla subendo
Tu,   Baffetto, perché tu sei stato sempre uno che tutto sopportando nulla ha subito, come serpente dalla coltre viscida e avvolgente e con pari anonimia accoglie i favori e gli schiaffi della fortuna passeggera. Un uomo dalle infinite qualità e nei quali istinti e raziocinio così ben commisti, mette in ombra anche la verità. La boria gli sbuffa in faccia e nel Pd nulla si muove se lui non vuole. Se i conti si potessero saldare da soli, con un nudo pugnale, caro D'Alema, le sarebbe tutto più semplice, con quella faccia da Mandilan. Lei sa se sia più nobile d'animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna o prender l'armi contro un mare di triboli e combattendo per disperdere chiunque.
L'ira biliosa
al fegato


  Negli anni ti trovo inacidito.
Come il vino che dopo un pò diventa aceto. Prima ti limitavi alla boria, all'arroganza, presunzione snobistica e te la tiraviiii, ma come te la tiravi, superbo, tronfio di te stesso come certi analfabeti capaci nella vita di sgretolare con la loro innata perversione verso le persone, quella malizia che sbrana, una malvagità senza pari per feroci rutti provenienti dalla pancia gonfia d'aria che fatica ad uscire.
Non partono arie creando costipazioni ideologiche oltre che fisiche, che quando scoppieranno l'Ilva di Taranto diverrà una fragranza di Cocò Chanel n.5 o un balsamo magico del presenzialista, furbo, del dottor Sandro Veronesi, oncologo di fama mondiale che non disdegnò di assaporare il gusto dell'ira biliosa del potere, ma lo ingurgitò come un assettato farebbe con una birra fresca, per poi vomitarlo per motivi sempre personali. E allora iniziò a menarla con la crociata sul fumo, come se questo servisse a qualcosa, come se chi fuma non sappia che aspirando un pacchetto di sigarette al giorno per 30 anni, tumore assicurato. Ma anche no.  
Specchio delle mie brame, chi è il più Cuperlo del reame?
  Sdipanato dal groviglio mortale
Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio dell'ingordigia, è soluzione da accogliere a mani giunte. Morire, dormire, sognare forse. Ma qui è l'ostacolo, quali sogni possano assalirci in quel sonno di morte quando siamo già sdipanati dal groviglio mortale che ancora ci trattiene. E' la remora questa che di tanto prolunga la vita ai nostri tormenti, malvagità dove l'esperienza umana è ridondante di arguzie, dagli operai alle parrucchiere, dai banchieri ai pensionati.
Onorevole D'Alema, le ricorda nulla questa lapide?
E mi dica, come s'addormenta la notte?


 Il peso di una vita stracca

Chi vorrebbe, se no, sopportar le frustate e gli insulti del tempo, le angherie del tiranno, il disprezzo dell'uomo borioso, le angosce del respinto amore, gli indugi della legge, la tracotanza dei grandi, i pugni e morsi in faccia che il merito paziente riceve dai mediocri a vita, incapace di slanci veri, quando di mano propria potremmo saldare il proprio conto con due dita di lama di pugnale? Chi vorrebbe caricarsi di grossi fardelli imprecando e sudando sotto il peso di tutta una vita stracca, se non fosse il timore di qualche cosa, dopo la morte, la terra inesplorata donde mai non tornò alcun viaggiatore, a sgomentare la nostra volontà e a persuaderci di sopportare i nostri mali piuttosto che correre in cerca d'altri che non conosciamo?

L'inazione dell'azione

Così ci   fa vigliacca la coscienza. Così l'incarnato naturale della determinazione si scolora al cospetto del pallido pensiero. Così imprese di grande importanza e rilievo sono distratte dal loro naturale corso e dell'azione perdono anche il nome. Così i mass media, col loro culto della celebrità e relativo contorno di fascino sensazionale, hanno fatto di D'Alema una modo, un feticcio, il totem della sinistra che tale non è più. La vanità, è la più ridicola e la più rovinosa di tutte le vanità. Dando corpo e sostanza ai sogni narcisistici di fama e gloria, incoraggiano l'uomo comune a identificarsi con gli idoli dello spettacolo e a odiare la "massa" troppo appiccicosa e moltiplicando le sue difficoltà ad accettare la banalità dell'esistenza quotidiana. Perché il potere non è solo quello che possiedi realmente, ma quello che i nemici pensano che tu, D'Alema, abbia. E lei lo sa che il potere non sazia, anzi è come una droga e richiede sempre dosi maggiori lasciando vuoti nello stomaco che straziano chi ne è assuefatto. In ogni caso, il suo grande privilegio, è vedere le catastrofi dalla terrazza, tutto le passa sotto. Mai scenderà fra noi, lei, D'Alema.
Urlato come si grida: "Al fuoco!".