Notti notturne

lunedì 24 giugno 2013

Guccini, l'ultima thule

L'ultima Thule

Songwriter schietto e graffiante. Autore di testi dall'indiscusso valore letterario che gli è valso il Premio Montale, Francesco Guccini è uno dei capisaldi della canzone d'autore italiana. Il suo canzoniere ha mantenuto una ferrea coerenza antagonista lungo quarant'anni di storia, spaziando da riflessioni autobiografiche a invettive politiche. Un mondo di versi e di suoni, in cui, tra un bicchiere di vino, un incontro e un eskimo logoro ci si ritrova a viaggiare su e giù tra la via Emilia e il West con la fantasia giusta e del vino

La Storia passa anche per una "Locomotiva che
viaggiava che sembrava cosa viva"


Ritratto di 

un

cantastorie

         di Matteo Tassinari
Si vive smarrendo tutto, gioie e dolori, come fosse merce che non c'appartenesse, ma alla fine si ritrova tutto, la chiusura dei giochi ci ricorda tutto quello che ci siamo dimenticati, anche nell'arco di pochi secondi può accadere tutto ciò. In una canzone, in un libro, in un racconto, in un fumetto, in una novella orale, in una scopata, in una tenerezza clemente, in un amore montanaro che recita Dante all'impronta, non tutto, ma una buona parte. Guccini ha il dono innato del racconta storie, dell’illustratore a voce (grande dono fatto a pochi) che non ti stancheresti mai ad ascoltarlo, sia per l’ironia che per l’intelligenza acuta e contadina. Un narratore di prim'ordine, come fosse un mestiere lui parlava di tutto accompagnato dalla forza che il buon vino rosso dalle 23 fino alle 5 del mattino nelle casinare osterie di Bologna.

    Il Maestrone
E’ proprio affidabile
il Maestrone, cresciuto a castagne ed erba spagna, vacca di un cane! Di certe favole e peripezie, se hai avuto il beneficio e la casualità di conoscerle, sai a memoria l’inizio, la fine e cosa c’è in mezzo, ma che può variare a seconda dell’umore, del morale e della quantità di vino. Ma ogni volta è come la prima, come per le traversie dei nonni che s'aiutano con la zanetta di collina. Perché il piacere nel captare o ascoltare, nella coloritura della lingua, nelle esagerazioni, negli umori della voce, nel continuo e superbo adattarsi e interarsi alle repliche o reazioni di chi ascolta, nel suo dire sempre le stesse cose viste sotto mille angoli diversi, un grande scenario immaginario, un affresco titanico di speranze, aspirazioni, prospettive di ottimi musicisti misti a ciabattari che non riuscivano a prendere un Fa diesis. Nato nell'ormai divenuta famosa Pavàna, un paesino di 800 abitanti ai piedi dell’Appennino, tagliata dal fiume Limentra: “Il suono dell’acqua del Limentra è diverso da qualsiasi altro agglomerato d’acqua esistente al mondo”. Si sa dove inizia, ma non dove finisce e intanto non succede mai niente di preciso. Ci si gratta e si parla bevendo Lambrusco e giocando a marafone, gioco a carte diffuso in Emilia Romagna.
Pavàna come Macondo
Per Guccini, Pavàna, è ciò che Macondo è stato per Gabriel Garcia Marquez in “Cent’anni di solitudine”


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E poi via Paolo Fabbri, con la sua strada placida e alberata, le case rosso mattone e la stazione vicino a ricordarci un’altra Locomotiva. La trattoria da Vito, dove era fisso anche Lucio Dalla, Claudio Lolli e musicisti vari dall’equipe 84 ai Nomadi, sempre uguale, posto rassicurante, come il bowling per “Il grande Lebowski” dei Coen. Mentre fuori a porta san Vitale scoppia il mondo, da Vito potevi tranquillamente tirare tardi fino al mattino, tutto tra una scopa, una puttanata e due quartini. Per il momento. Negli anni ’70, Guccini è sinonimo di protesta. I giovani cantano insieme a lui perché sentono il vigore d’esserci in quel momento, perché l’importante, qualche volta, è proprio l’esserci, il non farsi sempre raccontare o leggere, ma anche cantare in 10mila insieme "La locomotiva" in un palazzetto dello sport, con un ritmo serrato che ti fa provare l'emozione di quel macchinista ferroviere, tal anarchico Pietro Rigosi, 28 anni, sposato e padre di due bambine di tre anni e dieci mesi. Poco prima delle 5 pomeridiane del 20 luglio 1893 Rigosi che s'impadronì di una locomotiva sganciata da un treno merci nei pressi della stazione di Poggio Renatico e si diresse alla velocità di 50 km/h, che per quei tempi era una velocità notevole verso la stazione di Bologna schiantandosi con un treno pieno di signori, quella volta decise Pietro Rigosi cosa fare di loro.
In  una notte
Per la cronaca, il personale tecnico della stazione deviò la corsa della locomotiva su un binario morto, dove si schiantò contro sei carri merci in sosta. L'impatto fu tremendo ma l'uomo fortunatamente sbalzò via durante l'urto e sopravvisse nonostante il violentissimo impatto. Gli venne amputata una gamba e rimase sfigurato in viso. Dopo due mesi venne dimesso dall'ospedale ed esonerato dal servizio in ferrovia per motivi di salute. Più di otto minuti di canzone e parole che rapiscono l'attenzione e la voglia di partecipare a quel canto liberatorio del senso di giustizia proletaria. Guccini, La locomotiva, la lasciava sempre come ultima canzone della Track-list (scaletta) proprio per quel potere arcaico e taumaturgico che riesce a trasmettere al pubblico questo brano che lo stesso autore scrisse in una nottata, di getto, praticamente in un'ora. 
A     suon

di rima    baciata
Da Vito partivano
gare in ottava rima, poesie a braccio, contro Umberto Eco e Roberto Benigni: “Eco era imbattibile, ovviamente. Ma io me la cavicchiavo, lo mettevo in difficoltà. Benigni finiva che la buttava quasi sempre sul volgare e sul mimico, e su questo era imbattibile”. La sinistra è anche Vito, l’osteria a due passi da via Paolo Fabbri 43, fuori porta San Vitale, quartiere Cirenaica, un tempo culla di Guccini.
E Gregory Corso    poetava
Una notte, ricorda Guccini, entrò Stefano Bonaga trafelatissimo, per dire di un incendio e corremmo. Il caso volle che con noi ci fosse anche il poeta della Beat Generation Gregory Corso che beveva con noi. Di fronte a tutto quel fuoco, si mise a declamare versi innanzi a fiamme alte dieci piani, in preda a uno dei suoi momenti di follia alcolica, lo allontanai dal fuoco. Bologna, i ricordi sono un oceano. I portici. Volti che cambiano. Amici che prendono altri sentieri e le vacche a Pavana che muggiscono perché devono fare comunque sempre il latte. Alla fine, non mi poteva andare meglio se penso a come mi sono tuffato nella mia vita.

Lucio? Un flipper
“Se Lucio mi manca? Non ci frequentavamo da tempo e comunque era sempre Vito il posto dove potesse uscire qualcosa. Memorabile una sera: io, lui e Vecchioni che cantiamo Porta Romana. Credo che Lucio sperimentasse e volesse continuare a sperimentare strade nuove. Era così, un personaggio multiforme e imprevedibile. Forse il più imprevedibile”. Sono tante le parole che potrebbero indicizzare il maestrone. Anarchico, panteista, per nulla ostico e molto agnostico. Cantore del dubbio, convinto che fare domande sia meglio che azzardare risposte perché interrogarsi presuppone ricerca, e a rispondere si rischia l’arroganza. Fumatore di gesto, non di respiro, le sue sigarette sono sempre fumate fino a metà, mai intere. L’accenderle è più un’abitudine più che il risultato di una dipendenza di nicotina. Un autentico astrologo al contrario: “Cantare il tempo andato è il mio tema”. I suoi personaggi non sempre conoscono la benedizione del lieto fine ma si tengono stretti la consolazione della memoria, quella che fa caldo quando improvvisamente intorno a te s’è fatto il gelo. Lo chiamano il cantautore con l’Eskimo (ma lui l’Eskimo l’avrà indossato si e no 10 volte in tutta la sua vita, si è limitato d’inserirlo in una canzone e da allora…).

"Il silenzio era scalfito solo dalle mie chimere"


Custodire i     ricordi,
carezzare le    età
Alcuni gli lamentano il fatto di portarsi sempre sul palco non un fiasco di vino, lui detesta il fiasco. Vi sfido a trovare una foto dove Francesco tracanna sangiovese da un fiasco. Sono sempre bottiglie e lui ci tiene a rimarcare questo fatto. Il vino lo si beve dal vetro non impagliato. No al fiasco, si alla bocia. Poi c'è chi lo rimproverava di portare in scena il ’68 e la vecchia cultura di sinistra solo perché veste, tutt'ora, sempre con Clark’s, jeans, maglione e camicia. Tra tutti questi sciocchi luoghi comuni (per la verità ormai quasi disabitati) uno solo è veramente molesto e ingrato, quello che lo accusa di scrivere da trentanni la stessa canzone. Una cattiveria come tante, come quando Keith Richards disse di essersi tirato un grammo di cocaina mista alle ceneri di suo padre morto 15 anni fa, per poi smentire tutto dopo una settimana. La cornacchia dei Rolling non è battuto da nessuno in quanto Dark-Noir-Style.
Ai     poeti
del     Web
Tornando a Guccini, sarebbe sufficiente ascoltare i suoi dischi con attenzione, per rendersi conto che come fiumi carsici fanno spazio a mille tranelli come i vecchi trumeau. Sono dischi a doppio fondo, a doppia memoria e in certi casi a doppio senso con lo stesso fraseggio, pur riconoscendo l’ispirazione musicale primaria, la ballata alla Dylan, Song Route 66, l'America. Fra la via Emila e il West. Si tratta, del resto, d’inesattezze ampiamente compensate dall’amore di chi lo segue da anni e ne apprezza la coerenza, oltre che la bravura. Dopo De André, ho sempre posto Guccini, Conte e Capossela allo stesso livello, tutti secondi. D’innegabile per chiunque c’è la sua straordinaria abilità nel farsi burattinaio di parole, tanto in canzone quanto in prosa. Non è un poeta, per sua stessa ammissione, nonostante gli sia stato assegnato il Premio Montale (e scusate se è poco, poeti del Web!).
Scherza.
Con doveroso rispetto, anche della sua casuae omonimia con l'attuale Papa, definendolo un personaggio che ci riserverà dolci sorprese. "Quando ho sentito la piazza che gridava 'Francesco, Francesco' mi sono detto: Mi sembra di averlo già sentito, sebbene in misura minore. In realtà io lo sapevo già. Papa Francesco mi aveva telefonato prima del conclave, anticipandomi di volersi chiamare come me. Io ovviamente gli ho detto che era una bella idea, ma di non dimenticarsi di quell'altro Francesco, quello d'Assisi, quello che si spogliò di tutto per vivere da povero". Non perde occasione per rendere il clima più surreale e ironico, lasciando comunque la sua traccia mai goffa o fuori luogo: "se devo sparare cazzate, piuttosto sto zitto". Che siano queste le sue medicine per invecchiare così alla grande? Della politica è rimasto sbalordito della violenza di Beppe Grillo definendolo troppo feroce, violento con i suoi eletti. Effettivamente, se non si fida neanche di loro, cosa fa politica a fare?
L'ultimo disco di Francesco Guccini, uscito il 27 novembre 2012


Vacca di un cane

Tecnicamente, si dice che    il pezzo di una canzone è riuscito quando rimane celibe se letto in assenza della musica e che una canzone è davvero tale quando il risultato è superiore alla somma di parole e musica. Anche sotto questo aspetto, appare chiara la parabola gucciniana tutt’altro che statica. Agli inizi con parole semplici e forti, gli ultimi tempi, con azzardate e riuscite allitterazioni: “Perché fra i libri schiacciare rose di risa paghe e piene delle spose”, versi coraggiosi, “E una notte lasciasti portarti via” e atmosfere struggenti: “E correndo m’incontrò lungo le scale, quasi nulla mi sembrò cambiato in lei”. Semmai, quel che incuriosisce è la variazione sul tema. Se ne La locomotiva ”aria” faceva rima con bomba proletaria “La bomba proletaria che illuminava l’aria”, in Non bisognerebbe “aria” bacia la “pista solitaria” ("come un cane che alza il muso e annusa l’aria, batti sempre la tua pista solitaria”). Diversa è la lingua letteraria. Se Gadda e Meneghello inserivano le voci dialettali in un contesto alto, Guccini opera in direzione opposta, spruzzando appena d’italiano il pastiche della lingua orale e regionale, densa di anacoluti e incongruenze, slang e invenzioni. Se di flusso si vuole parlare, non è joyciano, semmai è quello che Franco Bernini chiama flusso di magnetofono. Un parlato che oggi non esiste più.
                                  Il dizionario delle cose perse
Il Maestrone di   Pavana oggi ha 73 primavere sulle spalle e lui lo dice che iniziano a pesare annunciando il suo ritiro dalle scene e che non inciderà più canzoni. Il suo ultimo disco e le sue canzoni storiche gireranno in tour comunque attraverso Biondini, Tempera, Marangolo e Mingotti, gli ultimi musicisti con i quali s’è ritrovato a fine carriera. Hanno rifiutato invece Ellade Bandini e Roberto Manuzzi. La chitarra Guccini l’ha appesa al chiodo. Lasciata in un angolo della sua casa di Pavana dove ora vorrebbe restare a scrivere e leggere. Il cantante lavora alla seconda parte de “Il dizionario delle cose perdute” e con Loriano Machiavelli scriverà libri gialli.
Foto storica: Guccini e De André
I      ragazzi
della      Band
Un lungo
saluto alla musica che a fatica gli appassionati e i critici sono riusciti ad accettare, ma non tutti. “Ho tre chitarre appoggiate al muro”, così aveva cercato di spiegare Guccini nell’ultimo incontro alla storica osteria da Vito a Bologna, “Non le prendo mai in mano, vorrà dire qualcosa? Gli ultimi tempi mi veniva male anche ai polpastrelli, l'allenamento vuol dire, i calli col tempo se ne vanno dalle falange. Ma questo non significa che non faccia più nulla. Continuo a fare altre cose. Non penso mai durante il giorno alla musica, a comporre, a suonare la chitarra. Mai” a detto da Fazio poche sere fa. E l’addio alla musica lo fa con il cuore più leggero adesso che sa che ci saranno i “ragazzi” della vecchia band a suonare i testi di un’intera carriera pluri 40ennale. Anche se, come ha detto il mio amico Fernando, quando uno del peso e dell'altezza come Guccini, non solo fisicamente ma soprattutto musicalmente e culturalmente abbandona, rimane sul volto una segno velato di tristezza.





sabato 8 giugno 2013

Il sistema mignottocratico











Topa ad      personam


        di Matteo Tassinari
Berlusconi si è trasformato nell’ultimo vero comunista-capitalista, alla maniera cinese. Un uomo che persegue la conquista dello Stato tramite mezzi propri, ad esempio è amico fraterno dell'ex capo del Kgb e proprietario di Gazprom, che persegue un disegno totalizzante attraverso strumenti mediatici, coinvolto in mille rivoli che portano tutti alle varie P2, P3, P4, e Bisignani vari, Letta (Gianni), l'uomo al mondo con più leggi ad personam che camice, Silvio, che magnificenza, che fasto, che lusso, che grandigia. Berlusconi non imita nessuno, tranne se stesso. D’ora in poi, berlusconiani, saranno gli altri e chi lo vota.
L'amicone violento di Silvio


La grande
bellezza di Silvio
Un presidente di un qualsiasi Stato così adiacente all'idea del Burlesque, beh, è incontestabile, questo premio spetta a lui, Silvio Re Leone. Nulla della vita, per SB, è così "burlesco", come direbbe colui che macina l'etimo di ogni parola come un frantoio farebbe con le noccioline. Noi siamo l'etimo di ogni parola da lui distorta, infradiciata, sporcata, macchiata, s un presidente di un qualsiasi Stato così adiacente all'idea di Burlesque, beh, è incontestabile, questo premio spetta a lui, Silvio. Nulla della vita, per SB, è così "burlesco", come direbbe colui che macina l'etimo di ogni parola come un frantoio farebbe con le noccioline. Noi siamo l'etimo di ogni parola da lui distorta, infradiciata, sporcata, macchiata, strumentalizzata, rotta, stridente. In breve noi siamo le noccioline, lui la macina di pietra che riduce in poltiglia tutto ciò che gli arriva all'altezza del mirino. Un cecchino, ecco, un autentico cecchino, pronto a devastare il sogno, la bellezza pulita, la purezza per quel che possiamo, l'ordine morale (certo), la coerenza, la tenerezza di un gesto gratuito e disinteressato.
"Ossessionato di sesso"
Il suo stile di  vita, come chiama le feste nelle sue magioni in cui invita “pullmanate” di ragazze ad allietare le sue serate da scapolo, è, e resterà stabile. Ci torna in mente quel che disse Gianni De Michelis, l’ex ministro degli Esteri dei governi Craxi a proposito di Berlusconi e del suo stile di vita: “L’ho detto ieri a Confalonieri: digli di non pensare alla figa e di lanciare questa proposta”. Della proposta politica in questione si è persa la memoria, ma la raccomandazione, affidata dal detestabile Gianni De Michelis ad Augusto Minzolini, è andata in porto. Per dirla dunque con De Michelis, il Cavaliere è ossessionato dal sesso. Naturalmente Berlusconi si imbufalì e non perdonò. Così almeno scrisse il beninformato sito Dagospia il giornale on line di Roberto D'Agostino, perché nella sua testa, è più importante far sapere che razza di scopatore irrefrenabile sia, più che un conquistatore di donne, un amante desiderabile e desiderato, riverito proprio in virtù delle sue prestanze macho.
Carriere
al   Talamo
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Se    Berlusconi facesse
delle vere conquiste, avrebbe delle fidanzate, magari una ogni due mesi, ma si farebbe vedere in giro ogni tanto con una nuova compagna. Invece, niente: cerca disperatamente di dimostrare a se stesso di essere uno stallone e si fa portare a casa carichi di carne umana. E quella carne umana, per la legge della domanda e dell’offerta, preme alle sue porte e si moltiplica nel numero e nella forza, perché diventare una delle ragazze che vengono portate sul suo talamo è diventata una carriera, un obiettivo, un mestiere, un investimento, una carta di credito, una passata in qualche programma, promesse di entrar gratis in quella o quella trasmissione. Che è parte integrante del fenomeno della mignottocrazia. Non si pensi che sia sempre come è stato con la D'addario, nooo, molto spesso è ancora più peracottaro l'evolversi degli eventi, lì siamo ad un livello di mignottocrazia alto, per gli imprenditori che vanno a Dubai da soli in mezzo ad una marea oceanica di escort e a Cortina con la famiglia a fare il padre di famiglia.
 Il              sistema 
mignottocratico
Vale come metafora la fiaba di Pinocchio, questo monumento incompreso all’italianità: il Paese dei Balocchi è sempre la terra promessa per chi ama le scorciatoie ed è pronto a trasformarsi in somaro, o mignotta, pur di raggiungere lo scopo. A mezzanotte l’Omino di Burro passerà con la sua diligenza e su quella salteranno generazioni di ragazze e ragazzine italiane sparse per lo stivale. L’Omino di Burro frusterà i suoi somari e le porterà a Palazzo, dove si schiuderanno i grandi cancelli e dove la festa è già in corso. E' proprio un luogo dove il nulla impera in tutto il suo folgore, un'umanità degna di essere derisa, personaggi pieni di se stessi come i bignè.

Marystelle  Polanco, ex olgettina, ha messo agli atti del processo "Rubygate": "Per Silvio sono travestita anche da Obama e Bocassini". Secondo la soubrette era solo "burlesque". La dominicana annuncia anche che si sposerà fra un mese e mister B. sarà il suo testimone. Il ragioniere, che era l'ufficiale tramite fra Arcore e le Olgettine, in aula al processo ha dichiarato di aver portato 20 milioni di euro per il "sostentamento di almeno 40 ragazze fisse" e provenienti da tutta Italia.
A Metamorfosi    iniziata 

C’è chi  mangia, chi beve, chi tira, chi canta, chi si spoglia, chi si tuffa in piscina, chi rutta, chi amoreggia tra le fratte e chi sonnecchia su un’amaca, scoppiano i fuochi artificiali e un vulcano, anch’esso artificiale, erutta finta lava e piccoli gioielli, fino alle scoregge a gas aperti. Farfalline, tartarughine e buste colme di denaro. Su un mega-schermo scorrono immagini di finti trionfi. Le ragazze scendono e raggiungono il grande party. La metamorfosi è iniziata, ma loro ancora non se ne sono accorte. D'altra parte sono ragazzine proiettate in un mondo di lupi famelici che sanno organizzarsi bene, Fede, Mora... In mezzo a un piazzale illuminato dalle fiaccole e attorniato da ragazze russe giunte con l’ultimo carico da Mosca, un uomo racconta storielle oscene e altre stupide. Le nuove arrivate premono per entrare e raggiungere quest’uomo illuminato dalle fiaccole.
Più pilu per tutti
La metamorfosi è in corso. Qui non si diventa asini, somari, ciuchini. Qui si diventa mignotte in modo opulento, vizioso, occasionale, persino innocente. Il narcisismo, in termini psicologici e patologici, non è il difetto di chi vede se stesso al centro del mondo - quello è l’egocentrismo, di cui il nostro è peraltro provvisto in maniera industriale - ma di chi non è in grado di percepire e rispettare i confini fra il sé e il resto del mondo. I neonati sono il trionfo del narcisismo perché per loro il mondo esterno e materno è indistinguibile dal mondo interno e intestinale.
Inquieto
  Così il Cavaliere
non distingue, non sa distinguere fra dentro e fuori, e s'offende quando qualcuno lo invita a separare il sé dal resto del mondo e rispettare il resto del mondo, fra gli appetiti del basso ventre e il suo lavoro pubblico di capo del governo. Lo vive come un forte richiamo al grado che occupa, il livello istituzionale che dovrebbe ricoprire, ma ormai si può permettere anche chi il suo pensiero lo dica in tv o sui giornali lavandosi le mani sempre e di tutto, anche perché cosa ci sarà da toccare? Che macchina è riuscito ad organizzare, grazie anche a chi  abbiamo votato, da Occhetto a Letta (il governo più inutile della storia), con lui sempre come perno della situazione. Italiani, brava gente.  
Silvio, Star Burlesque 
Lui pensa, ed è
purtroppo sincero, che quello della figa, per dirla con De Michelis, sia il suo dopolavoro proletario, il suo hobby che lo tiene collegato con l’umanità intera. E poiché è incapace di distinguere il sé dal resto del mondo, tratta il resto del mondo come se facesse parte della sua immensa voglia di rappresentare il mondo intero e non soltanto l’Italia e gli italiani. È convinto di essere una star internazionale. Così come chi nasce daltonico non distingue i colori, Silvio Berlusconi non è in grado di distinguere fra ciò che è lecito e ciò che non lo è, fra ciò che opportuno, accettabile dal mondo esterno, e ciò che non lo è. Non esercizio semplice per chi può permettersi molto, certamente l'unico italiano più privilegiato in Italia, che è sceso in campo per difendere il Paese, perché lui lo ama il suo Paese, lo ama come ha amato Veronica Lario.
La sindrome topastra
La sua però è una sindrome di origine di tipo ossessiva-compulsiva, intesa non come attività amatoria, ma come attività puramente fisica, una sorta di ginnastica extramuscolare, è molto più antica, come è antica la sua inclinazione a inghiottire o iniettare farmaci che aiutino le sue performance sessuali. Cerca disperatamente di dimostrare a se stesso di essere uno stallone e si fa portare a casa carichi di carne umana. E quella carne umana, per la legge della domanda e dell’offerta, preme alle sue porte e si moltiplica nel numero e nella forza, perché diventare una delle ragazze che vengono portate sul suo talamo è diventata una carriera, un obiettivo, un mestiere, un investimento, parte integrante del fenomeno della mignottocrazia. Meglio comandare che fottere recita l’antico adagio napoletano.
Fotto e       commando 
A lui (ed è questo che piace agli italiani che lo votano) piace sia fottere che comandare. E per fottere intende fottere, non amare, innamorarsi, perdere la testa, vivere una storia di passione. La mignottocrazia è comunque un sistema per l’esercizio del potere, un sistema inventato da Berlusconi e penso che questo sistema si stia dispiegando in tutta la sua potenza, al punto di lasciar temere che perfino dopo Berlusconi e senza Berlusconi questo sistema possa continuare a vivere e a creare danni. Il sistema mignottocratico consiste nel creare una classe dirigente di esseri umani clonati, robotici, composta prevalentemente da donne ma non soltanto, selezionati secondo criteri di sex appeal.
   Ipse Dixit                        Indro
"È il bugiardo più sincero che ci sia, quello che ti racconta una storia non vera, ma è il primo a credere alle proprie menzogne, fino al punto che neanche lui sa se ciò che fa è giusto o no. E' giusto solo ciò che gli pice a Berlusque. È questo che lo rende così pericoloso.
Non ha nessun pudore, non si ferma di fronte a nulla. Quando ti aspetti che dica una scempiaggine, la dice. Ha l'allergia alla verità, una voluttuaria e voluttuosa propensione alle menzogne".

                      Il barzellettiere
Che poi ci siano o non ci siano incentivi sessuali alla carriera, questo è un optional. Secondo la bibbia del berlusconismo, una bella ragazza con la testa vuota è sempre meglio di una brutta ragazza con la testa piena di idee e di cultura. L’insieme inestricabile delle televisioni Rai/Mediaset, almeno per quanto riguarda gli spettacoli, i reality show, i varietà, funziona come ufficio di reclutamento di carne umana. Berlusconi usa una metodologia simbolico-religiosa nel suo modo di presentarsi. Aspetti dell'immagine che vengono sempre sottolineati e che sono adatti altresì ad esaltare quelle funzioni salvifiche attribuite al Leader. In questo quadro trova posto uno dei ricorrenti, tra i più sconcertanti, paralleli tra la figura vittimaria del premier e un mondo appena uscito dalla Candeggina, dove tutto è pulito, tutto è sano, tutto è pulito. Solo qualche scherzetto bontempone come quando i goliardici si divertono.
PROCESSO BERLUSCONI-ESCORT: "A LETTO CON SILVIO PER APRIRE AZIENDA PRODUTTRICE DI RICOTTA" 

Le olgettine col protettore
Ma stiamo ai fatti. Il periodo trascorso all'opposizione durante il primo governo Prodi è stato infatti descritto come la "traversata del deserto", le competizioni elettorali si sono trasformate in "prove elettorali", in esplicita analogia con le tentazioni messe in opera dal demonio. Non è mancato neppure il paragone al sole, come simbolo salvifico e di rinascita. L'odor di santità. "Io sono l'unto del signore, c'è qualcosa di divino nell'essere scelto dalla gente". Mi sento semplicemente fottuto, se penso che uno così è stato sei volte presidente del Consiglio.

Sua    Maestà Gheddafi 

Non
nascondiamoci
dietro foglie di fico, ogni Paese ha il Premier che si merita. E' la legge più realistica che conosca. Se avessi la salute, penso che sarebbe già da diverso tempo che avrei provato da qualche altra parte. Sono convinto che anche i più immuni dal berlusconismo, non si accorgano di quanto siamo nella feccia da 20 anni, sia politicamente che per volontà sua, e nuotiamo nei liquami di una corruzione impietosa che crea privilegi insaziabili, voraci, come regalie dal suo potere strategico, umano, economico e tecnico.
Gli amici del birba
Tiratevi pietre addosso
Che tristezza meritarci proprio colui che trattò come uno dei più grandi statisti del mondo, baciandolo dappertutto (anche la famiglia dei nonni che s'era portato appresso al petto come ricordo), tal Colonnello Mu'ammar Abū Minyar Gheddafi il berbero, e parla amichevolmente con il più grande criminale della Storia tutt'ora libero, George Bush e grande amico di Putin che se un giornalista non gli va bene, lo fa fuori. Complimenti Mister Berlusconi, ottime compagnie. Ma lei è abituato ad un certo mondo che mondo non è, dove si danno troppe strette di mano. Tant'è che ora gira voce che volesse fare uccidere dai Servizi il Colonnello per la riconosciuta cappella che fece baciandolo un pò troppo dappertutto, foto nonni compresi. Per questo è dove si trova, era l'unica strada per non andare in carcere e fallire. La politica, chi l'ha votato, chi l'ha applaudito è colpevole del disastro che ora si trova a lamentarsi. Ma tiratevi delle pietre addosso che vi va ancora bene! 
Identici
Tony Servillo nei panni di Jep Gambardella
nel film La grande bellezza di Paolo Sorrentino
Come la sete e la fame
Tutto ciò per dire che Silvio Berlusconi non lo caccerà via nessuno. Tutto dipende dai suoi residui desideri sessuali, fino a quando dura il reparto idraulica, allora Silvio c'è, ma appena cesserà l'impianto pur prendendo chicche blu, saranno problemi per il Pdl. Un partito legato alle prestanze sessuali del suo leader, siamo arrivati anche a questo.
Questa non è la rovina, è il disfacimento di ogni convenzione umana, come la fame e la sete. Ma lui continua a dire che l'Italia è il paese che ama, ma perché ci vuole bene. Poi come fai a parlare con uno che dice d'essere unto dal Signore? C'è qualcosa di divino nell'essere scelto dalla gente, ma la gente non ha la minima concezione del Divino, quindi vota a cappella!