Notti notturne

mercoledì 31 ottobre 2012

Ricordate le Pussy Riot? (2)

Preghiera Punk in cattedrale
Considerato il messaggio, il luogo, la follia provocatoria del gesto di 3 ragazze contro una dittatura potente e feroce come il freddo dei Gulag,
ritengo questa la foto più significativa della storia del Rock

E le Pussy Riot?

           di Matteo Tassinari
Ricordate le Pussy Riot?Quel folle quanto curioso ed eccentrico trio punk geniale tutto al femminile incarcerato per "teppismo motivato da odio religioso" per una imprudente performance anti-Putin nella cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca, la chiesa che fu teatro della canonizzazione dell'ultimo Zar e della sua famiglia, la culla della divina liturgia Ortodossa? Eravamo rimasti all'incirca a questo punto: ora diventa vincolante non lasciarle sole, scrivere di loro, parlarne, scrivere un libro, istant-book, bypassare le loro notizie al mondo, le loro foto, chiedere, cercare in rete, anche i siti esteri, pressioni di qualsiasi tipo, provocazioni affinché non passi nel dimenticatoio tutto quanto e non subiscano torture, sevizie o maltrattamenti di cui i Servizi dell'ex Armata sovietica, tanto i livelli sono ancora quelli, meno rumorosi ma forse più feroci e capaci di una volta. Maria Aliokhina e Nadia Tolokonnikova, le due componenti della band punk Pussy Riot, sono state condannate a due anni di carcere per aver fatto un paio di salti a suon di musica nella cattedrale di Mosca ed aver pregato la Madonna di liberare il loro Paese dal tiranno Putin, sono state trasferite in due differenti colonie penali lontano da Mosca, famiglie, figli. Isolate, almeno due di loro.

Dicevamo di non dimenticarci di loro

Ora, non lasciamole sole
Scrissi così quando avvenne la danza nella navata della Cattedrale, perché sentivo che sarebbe accaduto, si sarebbe avverato. Ora, due di loro, sono in carceri di massima sicurezza o "colonie", come le chiamano qui, ma sempre gulag rimangono. Per creare distanza, strappare fisicamente da ogni contesto sociale e pubblico i soggetti ritenuti scomodi ai potentati dello Zar degli Zar, Vladimir Putin. Luoghi spettrali, che nulla di diverso hanno dai campi di sterminio nazisti, stesso sangue immolato all'altare del dio guerra. Stessi posti di tortura dove spruzzano quando meno te l'aspetti il peperoncino negli occhi, ti schiacciano le dita nei cassetti, il panno bagnato in bocca a testa in giù in modo di scatenare l'istinto-panico provando la sensazione di annegare, lo strappo delle unghie dei piedi bloccati da catene in acciaio e le torture più disumane che non conosciamo e preferiremmo non conoscere. Per ora, le tre giovani attiviste hanno conquistato la scena internazionale e sono diventate famose in tutti i paesi dell’occidente, il simbolo della protesta contro un regime soft con le unghie affilate come quelle di una tigre, meglio noto come Vladimir Vladimirovich Putin.

Anche Mussolini si faceva riprendere a petto nudo a raccogliere il grano 
Se questo è un uomo

Reset. Nella canzone, le Pussy Riot, hanno invocato il nome della Vergine Maria, esortandola a liberarle dal primo ministro russo Vladimir Putin e di diventare un femminista. Hanno usato, certamente, un linguaggio crudo e originalissimo per attaccare Putin e Kirill I, patriarca di Mosca e della chiesa Ortodossa russa, denunciando e descritto gli stretti "legami" tra KGB e il metropolita di Smolensk e Kaliningrad. I crescenti legami tra Stato e Chiesa, sono stati un bersaglio di critiche e proteste da parte di molti attivisti in questi ultimi anni. Il Patriarca russo Kirill , aveva apertamente sostenuto Putin nella rielezione del 2012 al Cremlino. Dopo lo spettacolo in cattedrale, le Pussy Riot dissero: "In Russia, succede che la chiesa possa diventare un'arma sporca in campagna elettorale". Parole che, nella loro, audacia stravagante e disperazione rabbiosa, non devono essere piaciute ai due uomini più potenti della Russia. Intanto il Movimento Pussy Riot cresce e Mosca rimane il centro di vari posti dove si ritrovano Pussy Riot e simpatizzanti. L'80% sono tutte donne molto giovani e laureate ed esperte di comunicazione multimediale. Il 14 dicembre 2011, per dirne una, un gruppo s'è esibito nude in cima ad un garage vicino al centro di detenzione di un carcere, il "Mosca n°1", dove molti degli attivisti dell'opposizione erano detenuti tra i prigionieri. Performance riuscitissima e applaudita dai prigionieri che da dentro sbattevano tutto ciò che fosse metallo, dalle sbarre delle finestre. Tutto il metallo che c'è in una cella serviva nel creare il più possibile rumore per confermarsi a vicenda.
Le pulzelle della cattedrale a Mosca che hanno pregato la Madonna
che si porti via per sempre Putin in un solfeggio Punk-Rock

Katia si può "rieducare"

Ekaterina Samutsevich, 30 anni (nella foto quella a destra), è l'unica ad essere stata scarcerata con la libertà condizionata. La giuria ha accolto le parole della difesa che sostenevano che Ekaterina avesse partecipato marginalmente alla performance rispetto alle altre donne, in quanto impedita dalle guardie stesse intervenute sul posto. Inoltre, non so attraverso quali parametri, i giudici hanno ritenuto che Ekaterina può essere "rieducata" se non commetterà altri reati nel frattempo, anche ha ascoltato la lettura della sentenza con il pugno chiuso alzato in segno di solidarietà con le altre due Pussy Riot condannate. Ekaterina non ce l'ha fatta e il "No Pasaran" non è riuscita a portarlo in fondo e le limitazioni mortali che la Siberia emana nell'immaginario storico russo e non solo, è qualcosa di devastante, manicomiale, farebbe paura fottuta a chiunque. E in ogni caso, senza sapere ancora come siano andate di preciso le cose, è solo bene che Ekaterina non sia in una "colonia" infame siberiana.
Tolokonnikova, considerata la stratega del gruppo, mentre parte per Perm in Siberia situata sul fiume glaciale Kama ai piedi dei monti Urali








Nadia, Maria in


Siberia


Per le altre due movimentiste, sono stati confermati i due anni di carcere richiesti dall'accusa. Alla lettura della sentenza Nadia e Maria sono rimaste impassibili e non hanno dimostrato di non nutrire alcun rancore contro Katia, che ha ascoltato la sentenza. Le Pussy Riot (per le quali gran parte dello star-system mondiale, dai Red Hot Chili Peppers alla Ciccone dagli Abruzzi, s'è mobilitato assieme al campione del mondo di scacchi Gary Kasparov) avevano chiesto scusa ai fedeli della Chiesa Ortodossa, senza però mai pentirsi del loro gesto, in quanto "l'azione è di stampo politico ed esclusivamente contro Putin, come era stato chiesto loro dalla Chiesa stessa, senza che questa si degnasse di ascoltare le donne". Per questa ragione Maria Aliokhina, studente di quarto anno presso l'Istituto "Giornalismo e Scrittura Creativa" di Mosca e Nadia Tolokonnikova, che Amnesty International l'ha definita "una prigioniera di coscienza a causa della "gravità della risposte giuridiche delle autorità russe" è quella più esposta e nel centro del mirino di ogni milizia russa. Le due componenti della band punk femminista Pussy Riot condannate a due anni di carcere, sono state trasferite in due differenti colonie penali lontano da Mosca, lontano dalla loro casa, dai loro mariti, dai loro figli. Maria sarà prigioniera in una colonia penale di cui non si sa ancora nulla. Nadia è già stata spedita in Siberia a 2mila chilometri da Mosca, reclusa in una colonia definita dalle altre Pussy Riot, visto che ormai è un movimento di migliaia di donne molto giovani, la più dura delle colonie, non si chiamano più gulag, ancora attive.
Perm, in Siberia, Colonia abbandonata. In realtà è solo
Propaganda per dire che in Russia i Gulag non ci sono più


L'infinita galassia siberiana

Si, la più dura, considerati i tanti morti dissidenti dal governo Centrale del Pcus morti nel vento e nel gelo del silenzio siberiano. Forse ce l'hanno così tanto con Nadia perché è così bella e intelligente, speriamo che non le tolgano intelligenza e bellezza. Condannate, giovani madri, con un'accusa ridicola, beffarda per quanto miserabile nel suo caustico e corrosivo significato storico che si cerca di passare alla sinfonia di regime: “teppismo motivato da odio religioso”. Mi chiedo cosa dovremmo scrivere allora di tutti i preti, suore, al chiuso di seminari pedofili sparsi nel mondo? Adolescenti vittime di soprusi e vessazioni sessuali? Che dovremmo dire del padre messicano Marcial Maciel Degollado fondatore della Legione di Cristo e del movimento Regnum Christi morto nel 2008 e rimosso da Papa Benedetto XVI dal ministero dopo un'indagine iniziata sotto Wojtyla che gli ordinò di passare il resto dei suoi giorni in preghiera e penitenza. Da potentissimo prelato in Vaticano dal 1970 al 2003, ha visto numerosi avvicendamenti. Negli anni '80 è intimamente amico di molti cardinali, tra in special modo del Cardinale Angelo Scola, già Patriarca di Venezia e ora membro della Congregazione per il Clero e di quella per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Ma era anche stupratore seriale di tanti minori al di sotto dei cinque anni, relazioni mantenute con almeno due donne anche se il sospetto è che ne furono molte di più, da cui ha avuto sei figli che a sua volta violentato e morfinomane. Per queste divergenze dove è passato un cavaliere nero senza falce ma col pugnale, dove il caos ha soffiato, come lo scompiglio, il soqquadro, il macello, la bolgia, il frastuono della protervia fino allo strazio più lacerante e profondo strazio delle anime, ritengo sia necessaria un'equità imparziale capace di donare alla morte una goccia di splendore. Un'equità dura, ma molto più dolce in quanto totalizzante ed eterna, vera, poiché è l'origine di tutto. E' bello vivere in questa speranza, un amore immacolato capace di pulire ciò che ha macchiato l'anima di milioni di bambini e bambine, a cui hanno rapito l'essenza del loro essere per sempre.

*Il vero orrore*

Odio religioso? Semmai, odio politico! L’odio religioso spinge i terroristi a incendiare le chiese o a farle saltare in aria, magari assieme ai fedeli in preghiera dentro e non ad andarci a danzare dentro. Si può parlare invece senz'altro di vera crudeltà da parte di chi ha avuto il coraggio di dare tanta sofferenza a due giovani donne e ai loro familiari. Una sanzione pecuniaria sarebbe stata una giusta pena, al limite, ma non carcere, basta con gli individui rinchiusi senza sapere di preciso dove, come, perché e fino a quando. La crudele condanna alle tre ragazze, secondo la veterana e attivista per i diritti umani Lyudmila Alexeyeva, è “una misura deterrente” per intimidire il movimento d’opposizione delle Pussy Riot, molto prolifico a Mosca  e anche nei paesi limitrofi, grazie a questi movimenti di attiviste e alla Rete. Spesso sono composte solo da donne che non accettano di subire inerme la spudoratezza di un uomo che con i dittatori dell'Unione Sovietica o Pcus, non ha nulla di diverso l'ex presidente del Kgb ora primo ministero della Federazione Russa. "L’offesa alla religione è solo un pretesto. La ragione vera è l’intolleranza dei  potenti verso coloro che amano la libertà e la giustizia" conclude in un articolo Lyudmila Alexeyeva.
Il Movimento Pussy Riot mentre manifesta a Mosca

Garry, con le sue Regine "scacca" il Re

Il campione del mondo di scacchi Garry Kasparov, è da sempre un attivista contrario a Putin e non perde occasione per denunciare le violazioni perpetue del presidente russo contro la popolazione. Fuori dal Tribunale, oltre a lui, c’erano almeno 3mila persone che protestavano contro la sentenza di condanna emessa. Tra i manifestanti, 40 sono stati arrestati e fra questi c'era Kasparov, il mito. La polizia ha presentato un esposto assicurando che un giovane agente è stato morso proprio dal genio storico dello Scacco e che ha avuto necessità di ricevere cure mediche per un morso che avrebbe staccato una parte del lobo di un orecchio tra i tanti tafferugli. Ovviamente non è vero, perché i legali dello scacchista sono in possesso di un video che dovrebbe scagionare Kasparov e che mostra come di fatto Kasparov, per converso, sia stata vittima dell’aggressività della polizia russa. Basta guardare la clip appena sopra queste parole. Ora occorrerà attendere la conclusione delle indagini e capire se anche per lui il Tribunale russo decreterà un'esemplare sentenza di condanna, manipolando in chissà quale modo i filmati e costruendo testimonianze e prove per dare il "matto" al Grande Maestro e 5 volte campione del mondo della scacchiera. L'impressione è che questa volta Putin si vorrà togliere un sassolino dalla scarpa che lo tallona da diverso tempo. L'occasione gli è propizia e lui non è certo esente alla vendetta.

Io ho mosso, forza, tocca a te


"Sono ritornato dalla Russia rinfrancato. Ho respirato una ventata di libertà e democrazia". Silvio Berlusconi, ex premier italiano. Notare come Putin guarda Berlusconi, sembra pensare: "Pirla piazzista".




Oltre a festeggiare il 59° compleanno di Putin, Berlusconi ha appena lasciato uno dei pochi posti dove si sente ancora a suo agio. "In Russia nessuno gli fa domande sugli scandali sessuali e sui processi che deve affrontare in patria", confida a "Il Fatto Quotidiano" un alto ufficiale del Cremlino che conosce molto bene il tipo di relazione che intercorre tra Putin e Berlusconi. Qui, infatti, "l'italiano può contare sui consigli" del suo amico quando a casa i problemi a incalzano. Sono poche le notizie trapelate riguardo ai festeggiamenti privati del compleanno di Putin che, come da tradizione, si è svolto nell'isolata tenuta di Valdai, a metà strada tra Mosca e San Pietroburgo. Ma secondo l'alto ufficiale del Cremlino il Cavaliere si è come al solito "lamentato di non riuscire a controllare giudici e pm". È in Russia che da tempo il Cavaliere cerca la soluzione per cancellare le inchieste che lo coinvolgono. Inchieste che qui non sarebbero mai iniziate: i giudici sono già asserviti al volere del Cremlino, mentre gli uomini di Putin controllano il Ministero della Difesa e degli Interni. E Berlusconi non nasconde la sua voglia di assomigliare allo Zar russo: "Magari il presidente del Consiglio italiano avesse i poteri del premier russo", avrebbe detto ai suoi deputati prima di partire per il compleanno di Putin, secondo il quotidiano Libero. Ma chi avete votato? Vi rendete conto, almeno ora, della cazzata fatta e di cui pagherete amare conseguenze?


mercoledì 10 ottobre 2012

La pasoliniana morte di Pier Paolo


Come in          un
suo           libro


La morte di          
  Pier Paolo Pasolini,     
          
          di Matteo Tassinari
Sembra una morte di un personaggio pasoliniano, come in un suo romanzo. Normale, piccolo borghese, era il quartiere dove abitava, così come la sua casa, con i centrini sotto i vasi di fiori, i ninnoli, i comodini e varie regalìe. Una casa piccolo borghese. Non aveva, Pasolini, a differenza di tanti altri intellettuali italiani (parlo di quelli di allora, s’intende, oggi è razza quasi estinta) la conversazione spumeggiante, il linguaggio pirotecnico, la citazione seducente, ma il modo di parlare piano, pacato, rettilineo, modesto di chi è consapevole della propria cultura e perciò non la esibisce perché il farlo ne capirebbe l'inutile vanità.
Maria Callas e Pier Paolo Pasolini
E in questa atmosfera anche le cose che diceva, le stesse che scritte suscitavano scandalo, irritavano o entusiasmavano, mentre a lui parevano cose normali, elementari, quasi banali. I gesti misurati, tranquilli, ma micidiali, quanto meno inusuali per l'élite intellettuale del periodo quando si sentiva calpestare il cuore. Divorava la sua esistenza con un appetito insaziabile. Come finirà tutto ciò? "Lo ignoro. Sono scandaloso. Lo sono nella misura in cui tendo una corda, anzi un cordone ombelicale, tra il sacro e il profano".

*Vittima ideale*
Se incontravi quel volto non lo dimenticavi. Uno sguardo profondamente segnato, ruvido, irregolare, asprigno quando andava nei dibattiti della Rai cultura spaio anni '70. Un volto. Un Cristo. Ma un Cristo diverso da quello terribile e putrefatto di Matias Grünewald o, tanto meno, dal Cristo oleografico dell’iconografia oscurantista. Insomma, anch’esso, un Cristo normale. Pasolini non aveva nei gesti, nel parlare, nel modo di porgersi, nulla della checca. Era anzi virile. La scena cambiava ogni qual volta era con la mamma e quest’uomo, l'intellettuale furioso e indignato, s'infantilizzava per sdilinguarsi in bacini e bacetti, in puci-puci imbarazzanti con la persona da lui più amata certamente con "imbarazzato" amore, tanto era.
                   La 
 Chiesa 
     l'isolò,
   lo maledisse 
mettendo l'omosessualità tra "i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio". Mentre in molti dei seminari italiani, avvenivano rapporti omosessuali e anche in altre occasione. L'omosessualità è interna alla chiesa, come in tutti gli ambienti o spazi sociali. Alti prelati sono omosessuali, come vescovi o preti hanno tutt'ora rapporti con altri uomini. Numerosi monsignori che fanno uso di droga, tralasciando l'orribile e inaccettabile orrore che incarna la pedofilia. Smettiamola di dare questa idea falsa dei componenti della chiesa come lindi e intonsi, quasi asessuati e privi di esigenze sessuali. Così nascono tabù e paranoie. Suvvia lorsignori...
Tornando
a Pasolini,
il padre si vergognava di lui, ma ritagliava tutti i suoi articoli che il "Corriere della Sera" pubblicava quotidianamente. A Casarsa, Pasolini è sepolto insieme alla madre, in una tomba doppia, una tomba matrimoniale. Il padre sta da solo, distante. La psicanalisi non l'ha aiutato (è andato in analisi da Cesare Musatti, ma dopo sette-otto sedute s'è ritirato). Queste sono le nostre colpe. Non l'abbiamo capito. Cerchiamo di capirlo adesso, e accettiamolo per quel che è stato. La sua scrittura grande era e grande resta. La sua vita è finita com'è finita. Non illudiamoci: la passione non ottiene mai perdono fra gli umani.

Pier Paolo Pasolini e la signora maestra Susanna Colussi, sua madre
Un
delitto      senza fine
"Forse qualche lettore troverà che dico cose banali. Ma chi è scandalizzato è sempre banale. E io sono scandalizzato. Resta da vedere se, com"Forse qualche lettore troverà che dico cose banali. Ma chi è scandalizzato è sempre banale. E io sono scandalizzato. Resta da vedere se, come tutti coloro che si scandalizzano (la banalità del loro linguaggio lo dimostra), ho torto, oppure se ci sono delle ragioni speciali che giustificano il mio scandalo. Il vero scandalo di questi scritti è nella loro severità. Essi toccano fatti che coinvolgono, in modo patente o oscuro, la vita e la coscienza di milioni di uomini.
L'angelo torturato

La
"scandalosa ricerca"

Sono duri, aspri, "scandalosi" argomenti che Pasolini affronta senza indulgenza, senza approssimazioni. Il lettore degno della "scandalosa ricerca" trova qui degli scritti di "attualità" certo non effimeri, in cui si cerca di decifrare la fisionomia degli anni a venire.
La tragica morte dello scrittore e le reazioni che ne sono seguite rivelano la terribile qualità profetica, il sicuro presagio nascosti in questo libro". Tutti coloro che si scandalizzano (la banalità del loro linguaggio lo dimostra), ho torto, oppure se ci sono delle ragioni speciali che giustificano il mio scandalo. Il vero scandalo di questi scritti è nella loro severità. Essi toccano fatti che coinvolgono, in modo patente o oscuro, la vita e la coscienza di milioni di uomini. Sono duri, aspri, "scandalosi" argomenti che Pasolini affronta senza indulgenza, senza approssimazioni. Il lettore degno della "scandalosa ricerca" trova qui degli scritti di "attualità" certo non effimeri, in cui si cerca di decifrare la fisionomia degli anni a venire. La tragica morte dello scrittore e le reazioni che ne sono seguite rivelano la terribile qualità profetica, il sicuro presagio nascosti in questo libro".                            Pier Paolo Pasolini

*"Il cuore te lo spaccano una sola volta,

poi sono solo graffi che non senti più"*

P.P.P.
Ogni tanto si avvicinavano dei ragazzi, le classiche “marchette”, e si scambiava due chiacchiere in modo molto pulito. Uno di questi lo avrebbe fatto uccidere. L’intellighentia di sinistra italiana, nella sua ipocrisia, non ha mai accettato che Pasolini fosse morto, com'è morto.


Complotto fascista?
Come minimo doveva essere stato un complotto dei fascisti, fantasticheria cui diede voce per prima Oriana Fallaci che aveva orecchiato qualcosa dal parrucchiere. E invece andò proprio così. “Pino la rana” si ribellò ad una richiesta sessuale particolarmente umiliante di Pier Paolo e contando sui suoi diciassette anni, nonostante Pasolini fosse ancora un uomo atletico (giocava a calcio, che gli piaceva moltissimo) lo ha ammazzato. Così come questa intellighenzia non ha mai capito che il fondo oscuro di Pasolini era proprio l’humus necessario al suo essere artista e, soprattutto, un grande, un grandissimo intellettuale.
“L'ansia del consumo è un'ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l'ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell'essere felice, nell'essere libero. Perché questo è l'ordine che egli inconsciamente ha ricevuto, e a cui deve obbedire, a patto di non sentirsi diverso. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L'uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una falsa uguaglianza ricevuta in regalo. La diversità è una grande ricchezza”, scriveva Pasolini nel 1974 sulla prima pagina del Corriere, come non si possono accantonare le seguenti sue parole: "Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell'aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell'omicidio. Nei sogni, e nel comportamento quotidiano – cosa comune a tutti gli uomini – io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente".


L'adescamento   
Ma non si può trattare, in poche righe, l’opera di Pier Paolo Pasolini. E' possibile invece ricordare una frase che scrisse nel 1962 inserita ne “Le belle bandiere”: "Noi ci troviamo alle origini di quella che sarà la più brutta epoca della storia dell’uomo: l’epoca dell’alienazione individuale e sociale. Questo per un fiorire estremo della tecnologia che sperpera ogni tradizione culturale.
Le parole
di 50 anni fa
La corruzione sarà il male politico da difendersi". Parole dette 50 anni fa. Torna compulsivo il dubbio: la P2 è responsabile, o complice, del delitto Pasolini? Pino Pelosi, l'allora ragazzino accusato dell'omicidio, lo scorso anno dichiarò, come riportato nel libro: "Profondo Nero", che i responsabili della morte di Pasolini erano cinque uomini arrivati sul posto, come d'accordo, con una moto e una Fiat targata Catania. Tra loro due frequentatori della sezione del Msi del Tiburtino, Franco e Giuseppe Borsellino. Mentre lo picchiavano a morte gridavano: "Sporco comunista! Frocio, ecco quel che ti meriti" e botte fino a sfinirlo, sfigurarlo per poi passarci sopra il corpo tramortito con la macchina.
Il corpo    massacrato
di Pasolini
Famose le parole di Pelosi agli atti: "Se tu uccidi qualcuno in quel modo, o sei pazzo o hai una motivazione forte. Siccome questi assassini sono riusciti a sfuggire alla giustizia per trent'anni, pazzi non sono certamente. Quindi avevano una ragione, una ragione importante per fare quello che hanno fatto". In breve, chi l'ha ucciso, sa bene quando l'ha voluto e come. La lotta sul corpo di Pasolini ebbe varie fasi e si svolse in vari posti, accanto all'auto, a trenta metri, a settanta metri, a dieci. Nel primo posto fu trovato un anello di Pelosi. Lui lo riconobbe. Con la prima versione gli è stato sfilato nella colluttazione. Con la seconda versione, non riesce a dire perché gli sia caduto lì. Nel secondo posto Pasolini si fermò, si sfilò una maglietta, si asciugò il sangue.
Il corpo di Pier Paolo Pasolini, la mattina del 2 novembre 1975 ad Osta

Dietro le       alfette
Poi arrivò il branco nascosto dietro Alfette in borghese ma appartenenti ai Servizi. A questo punto è interessante evidenziare la ferocia sanguinosa con cui gli assassini hanno massacrato Pasolini. Come se fosse un punto non casuale ma voluto, come a scorticare una razza una categoria: gli omosessuali.
Direi che i tempi sono cambiati in meglio rispetto agli anni '70, ma sono ancora tantissimi gli omofobi che per motivi religiosi, politici, culturale calpestano i diritti di persone che non chiedono nulla se non di assomigliare a ciò che sentono dentro. Purtroppo c'è gente, ancora, che vuole cambiarti, che vuole decidere lei come devi comportarti. Per dire che la lotta per la salvaguardia dei diritti degli omosessuali è ancora sulle cime tempestose, e non pochi sono i segnali inquietanti che giungono da tutte le parti del mondo, anche da dove addirittura ti uccidono se dimostri tendenze "diverse" dal gregge.
Bombardamento ideologico televisivo
"Il bombardamento ideologico televisivo non è esplicito. esso è tutto nelle cose, tutto indiretto. Mai come oggi, un modello di vita ha potuto essere propagandato con tanta efficacia che attraverso la televisione. Il tipo di uomo e di donna che conta, è moderno, è da imitare, e da realizzare. Non è descritto, raccontato nella sua verità. E' decantato o rappresentato, alterato, plastificato". Da "Il bombardamento ideologico televisivo".                       (P.P.P.)

"Una storia sbagliata"

"Una Storia Sbagliata" di Fabrizio De André

 Epoca alienante
per i mal disposti
Pasolini stava lavorando a un romanzo-denuncia, "Petrolio", rimasto incompiuto e pubblicato postumo, quello che può a tutti gli effetti essere considerato il suo vero “romanzo delle stragi, in cui alludeva all'attentato a Enrico Mattei, presidente dell'Eni. E forse è proprio in Petrolio che si trova la chiave della morte del suo autore, legata a un altro mistero italiano: la “strana” morte di Enrico Mattei. Pasolini era venuto in possesso di informazioni scottanti, riguardanti il coinvolgimento di Eugenio Cefis nel caso Mattei.
Una tesi sostenuta persino da Amintore Fanfani: "forse l'abbattimento dell'aereo di Mattei, più di vent'anni fa, è stato il primo gesto terroristico nel nostro Paese, il primo atto della piaga che ci perseguita". In "Petrolio" descrive la storia del colosso industriale Eni ed in particolare quella del suo presidente Eugenio Cefis. Lo fa con un espediente letterario: il personaggio inventato di Troya, ricalcato sulla figura di Cefis. "L'intellettuale - ha scritto Pasolini - deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento". Più semplicemente, se "Petrolio" fosse stato pubblicato, forse Pasolini sarebbe ancora vivo. Come se Saviano non fosse riuscito a pubblicare "Gomorra", sarebbe già morto. 
Sul set di Uccellacci e uccellini, 1966, con Totò

Cefis: frocio comunista!
A questo punto, seguendo tale ragionamento, ci dovremmo chiedere perché un gruppo di picchiatori della malavita romana uccide un poeta? Allo stato dei fatti ci sono due ipotesi ritenute tra le più fondate. La prima è che Pasolini sia morto così perché è così che si moriva allora. Quelli sono gli anni '70, gli anni di piombo e gli anni della "violenza diffusa" e "trasversale". Sono gli anni in cui si ammazza le gente per quello che è, perché è diversa, politicamente e culturalmente. Ci sta che un gruppo di persone, spontaneamente o spinte da qualcuno che sta più in alto e coltiva una sua relativa "strategia della tensione", si organizzi per dare una lezione a quel "frocio comunista", come Pino Pelosi oggi solo racconta di aver sentito durante il massacro di Pier Paolo Pasolini.
E dare    una lezione     può
anche essere sinonimo di ammazzare, come era successo soltanto pochi mesi prima a Sergio Ramelli, militante dell'Msi ucciso da estremisti di sinistra a Roma, o ad Alberto Brasili, simpatizzante di sinistra ucciso da estremisti di destra a Milano, e come sarebbe successo anche dopo quel 2 novembre. La seconda ipotesi, invece, ha a che fare col lavoro di Pasolini, col suo essere lo scrittore di quel "Io so." di pochi ma potenti e pronti a tutto che vuole raccontare la misteriosa, confusa e drammatica storia del nostro Paese. Pier Paolo Pasolini lo stava facendo con un romanzo molto moderno, rimasto incompiuto che si chiama "Petrolio". In quel romanzo ci sarebbe un capitolo importante che parlerebbe dei risvolti politici e criminali che girerebbero attorno all'Eni e al suo direttore Cefis e al suo predecessore Enrico Mattei, ucciso com'è stato poi provato in seguito.

“Cos’è     questo
golpe?    Io so”
Pasolini, nel famoso editoriale apparso sul Corriere della Sera “Cos’è questo golpe? Io so”, diceva che l’intellettuale deve avere il coraggio della verità. Deve saper dire la verità. È ancora possibile parlare di verità, alla quale si può aggiungere la giustizia) senza cadere nel dogmatismo? Un esempio per capire il suo anticonformismo dalle maglie larga d'umanità. Oriana Fallaci lo intervistò per l’Europeo, in quella che resta una straordinaria testimonianza del modo d’essere di Pasolini, il suo cercare l’umanità dove il senso comune rifugge e resta, all’artista, l’inesauribile voglia di capire, sapere, conoscere. "La notte scappa agli inviti e se ne va solo nelle strade più cupe di Harlem, di Greenwich Village, di Brooklyn, oppure al porto, nei bar dove non entra nemmeno la polizia, cercando l’America sporca infelice violenta che si addice ai suoi problemi, i suoi gusti, e all’albergo in Manhattan torno che è l’alba: con le palpebre gonfie, il corpo indolenzito dalla sorpresa d’essere vivo. A volte penso che se non smetto me la trovo una pallottola in cuore o la gola tagliata". Ma è pazzo a girare così per New York, scriveva la Fallaci e Pasolini replicava con una dichiarazione d’amore per la città: Vorrei aver 18anni per vivere tutta una vita quaggiù".
 Il "Corsaro" ucciso dai Servizi segreti
Quale sia in assoluto la verità nessuno lo sa a parte quelli che credono in Dio. L’intellettuale deve dire onestamente quello che pensa e non è detto che sia in assoluto giusto, a prescindere da qualsiasi legame di tipo partitico o, se vogliamo, per usare l’espressione che ha usato lei, feudale. Pasolini è un ottimo esempio, nel senso che diceva quello che pensava. Non è detto che tutto quello che pensava Pasolini fosse giusto, ma era il punto di partenza che era giusto e onesto. L’intellettuale, ma anche il giornalista, non dovrebbe essere legato a gruppi di potere, altrimenti non fa più il giornalista o l’intellettuale. Ad esempio un giornalista dell’Unità degli anni ’50, lì giustamente poiché dichiarato, non faceva il giornalista, ma il propagandista.
Cos'è questo golpe?
"Io so". 


di Pier Paolo Pasolini
dal Corriere della Sera, 14 novembre 1974

Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum.

Scriveva sul Corriere della Sera: "Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
  Io so i nomi    che    hanno     gestito 
le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum". Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). 
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano) o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari. 
Il corpo di Pasolini ritrovato dopo il massacro a Ostia


  La paura di Pasolini

Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove.
              Non ho           nemmeno              indizi.
Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo quando un uomo politico - non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi. Probabilmente - se il potere americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori). Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato.


"Il coraggio intellettuale della verità e la politica
sono cose inconciliabili in Italia"
La poetica di pasoliniana è la realtà in cui viveva, tanto che alcuni l’hanno definito “poeta civile e moralista”. Ma sono “prediche” che piacciono, queste di Pasolini, perché con la sua schiettezza esce dagli schemi, presentandoci quasi un diario politico, culturale, cronachistico e letterario dell’epoca, che vale la pena leggere anche nei nostri giorni. egotismo, non v'è orizzonte, alcuna prospettica. Così, quello che ha fatto Pasolini in quegli anni è grande giornalismo, altro che Montanelli. Un giornalista racconta quel che succede, lo osserva e lo comprende. E Pasolini capiva, intuiva e scriveva, buttando poesia e letteratura nella cronaca e nel racconto. L’autore ha cioè interpretato a suo modo una forma di giornalismo culturale che all’epoca era poco in voga, ma di cui anche oggi avremmo un disperato bisogno: per capire, interpretare e avere il coraggio di mescolare la realtà alla poesia.Nessuno è più disposto a gridare che il Re è nudo. Nessuno è più capace di denunciare nulla. Un'abulia totale come nella "Domenica delle palme" di De André, dove le cicale parlano al nostro posto, incapaci di reagire ad ogni vessazione sociale, culturale e politica. Vedo persone col naso all'insù, ammirare le stelle, fregandosene del marcio su cui camminiamo e indifferenti al rumore di questo motore, gonfi di pregiudizi deteriorati appartenenti ad una società collassata. Tra mele marce, c'è poca scelta.
*Infine*
Cosa vedeva Pasolini che gli altri intellettuali non vedevano? Cosa sapeva che numerosi portaborse sapevano ma non dicevano? Vede trame stragiste, servizi segreti deviati, corruzione politica, misfatti compiuti e perpetuati dalla legge. Vede la mutazione antropologica della classe dominante riverberarsi nel linguaggio narcotizzante della televisione e nell’immutata logica del nuovo Potere che ha portato alla cattiva società dei ceti immobili, del finto sviluppo senza vero progresso, delle diseguaglianze senza ascensore sociale, "in un Paese orribilmente sporco e privo di mobilità, stagnante". Vedeva l'Italia di oggi, dei Verdini, dei Lupi, dei Cicchitto, delle Santachè. Lui non lo nomino neppure, tanto è il male che ha fatto all'Italia. http://3ppppier.blogspot.it/2014/01/3p-una-vita-rinata-fuori-dalla-ragione.html
Monumento, ripulito, a Pasolini nel piazzale dov'è stato ucciso ad Ostia