Notti notturne

venerdì 2 agosto 2013

Il Conte migrante d'Europa


Orango Tango CosmoPoliteama
Scarseggiano i dettagli, ma la notizia è certa. Paolo Conte è al lavoro su un nuovo disco. Non si apre più di tanto nell’anticiparne i particolari e le sfumature: “Un’idea dei tempi non la conosco ancora, però sto lavorando a un disco, questo sì”, conferma il Conte più cosmopolita al mondo su tutte le riviste di Jazz del mondo. E prevista la pubblicazione del best “Gong-oh” del 2011, non può quindi che trattarsi di un componimento inedito, atteso e seguente a “Nelson”.
La finezza di Conte, caricaturale, indiretta, deformante, obliqua, com'è nelle sue corde, eppure già nella canzone d'apertura, Novecento, (vezzosamente scritta in lettere, al contrario del titolo dell'album), si coglie una visione fugace, quasi spiata di sguincio, di questo scorcio di fine millennio, che si apre con "dicono che quei cieli siano adatti ai cavalli e che le strade siano polvere di palcoscenico" e poi passa in rivista tra calembour, allitterazioni e fotografie antiche, la nostra cultura divisa tra "spolverini di percalle" e "grossi entusiasmanti motori", sul ritmo di un avvolgente valzer che tutto travolge e tutto raccoglie in un vortice d'impulsi epocali. "Ah, formidabile, il tuo avvocato è proprio un asino no, certe cose non si scrivono, che poi i giudici ne soffrono".

Gli  impermeabili
per   uomini bagnati

Dopo le tappe
di Vienna 
e Montreux, l’unica data è stata quella del 30 luglio appena scorso, nell’antico borgo medievale di Cava degli Umbri a San Marino. Chitarre in primo piano, bassi, fiati, percussioni e l’immancabile pianoforte suonato dallo stesso Conte, ormai il suo repertorio live lo conosco a memoria e ogni volta è una combinazione contingente a mille messaggi cifrati, non solo musicalmente, lasciando più spazio ad una rappresentazione artistica più totalizzante, generale, seducente e affascinante e con "cuanta pasion" il deretano prende forma in Jam Session. Cose da montarsi la testa solo perché si è lì e non chissà dov'altro, magari a farsi una squinzia, a scoreggiare una birra media, anzi tre birre medie. Come gli uomini senza impermeabili, uomini in lotta con la coscienza, cercando di accettarla sempre. Per il resto, tutto è già poesia.
Con quella   faccia 
un pò   così
Tutto   preparato
dal punto di vista armonico e ritmico, bandillon accordati, kazoo pronti a pernacchiare con la carta velina come membrana, l'infinita schiera di bonghi è pronta per essere tartassata, i fiati appesi e tutti dorati, strumenti a corda in ordine per grandezza e generi, colore e genere, almeno un 40ina. Con qualche spazio per l’aspetto melodico improvvisato, per essere di tanto in tanto anche spettatore e, rispetto ai tanti viaggi che il lavoro gli impone, di sentirsi un artista internazionale che fa i suoi giri e poi torna a casa a sbucciar banane o masticare noccioline come il gorilla Gongo nelle sue Langhe.
Dunque italiano, orgogliosamente sì, emigrante magari no. Migrante forse è meglio. E ci si ritrova così a parlare di confini. Ci sono tanti tipi di confini, fisici, metafisici, a volte amari altre piacevoli, dipende anche da noi e dal nostro orologio nomade che ora fa, se è fermo da un pò di tempo o va a rilento. Eleganza, stile, classe, cultura, erudizione e puro genio in un acquerello musicale di un cantautore schietto e distaccato, sempre a contatto con i sentimenti più vivi e raffinati di un animo nostalgicamente divertito, ironico, ricco di una notevole sensibilità di stampo jazzistico e latino-americana, mescolando tempi, ritmi, sound, generi, passi, movimenti.


'900 magia
di un secolo Tutto per creare parole
scritte a macchina e la passione per il Novecento, ch’è uno scrigno colmo di gioie e colori, suoni, atmosfere e magia: "Il Novecento non è quello che ho sotto gli occhi, è quello che risuona dentro di me. Nel mio piccolo, ho sempre cercato di inseguire lo spirito di questo secolo. Il Novecento è qualcosa di impalpabile, ha tutto un suo gusto ambiguo, che gli dà un fascino speciale". È un secolo molto difficile, perché pieno di equivoci. "Non avrei voluto vivere in un secolo diverso da questo, anche se è un secolo che idealmente non sarebbe il mio: ogni volta che suono il pianoforte andando per fantasmi, mi vien da dire che forse starei meglio nell'Ottocento, secolo sicuramente più pianistico e più libertario. Il Novecento è stato un secolo terribile, con due guerre mondiali: un secolo equivoco, ma interessante, in cui abitare è stato forse un privilegio".

Alla   Scoperta
del   Giazz

I suoi   due strumenti,
il pianoforte e la voce, hanno creato una delle contaminazioni più seducenti di sempre e insieme hanno contribuito alla riscoperta della musica Jazz in Italia, cosa direi non da poco e che riescono solo ai geni, perché il Jazz è ostico! Il Jazz è antipatico generalmente, perché viene considerato rumore, ovviamente dai neofiti. In realtà è una dimensione superiore a quella a cui siamo abituati musicalmente. Tra le donne poi, è quasi impossibile trovarne una a cui piacciano le stelle del Jazz. Come in Aguaplano, dove in alto mare dal suo elicottero, Conte, vede un pianoforte, in alto mare, che ci fa un pianoforte in alto mare, si domanda l'autore? Ma il Maestro delle stelle del Messico ormai ci ha abituati a questi meravigliosi scherzi, dopo che hai sentito un Mengoni qualunque, ascoltare Paolo Conte diventa un volo unico con le scarpe lucidate per una ritmica verde milonga.
                               "Ma le gambe, ma le gambe..."
E’ sempre così
con Paolo Conte, si inizia chiacchierando di canzoni e ci si ritrova a parlare del mondo, perché la sua musica davvero non conosce esili, solo fughe momentanee in quanto figlio di ogni dove. Canta in italiano Conte, ma anche in francese, inglese, spagnolo e se c'è chi glielo chiede con che verso farebbe iniziare una canzone che racconti il suo rapporto con la musica italiana, opterebbe a "Ma le gambe" di Giovanni D’Anzi.
Una citazione di fine anni 30, che sa di visione ampia e che al contempo ci riporta alla mente tante realtà musicali perdute, dal Trio Lescano al Quartetto Cetra, tutti fini interpreti di un mondo musicale che non c’è più, per molti aspetti fortunatamente. Ma non bisogna andare così lontano per declinare al passato le vite artistiche di illustri colleghi, su tutti hanno fatto rumore gli addii di Fossati e Guccini. A questo proposito ha dichiarato Conte: “Mi auguro che questi due grandi artisti tornino a essere visitati dalle Muse e riprendano a scrivere”.
La maratona del Tango
Fra Conte e la musica c’è un amore viscerale. Il Jazz? Una passione. Il Tango? Un’avventura. La Milonga? Una tenerezza. Il Mocambo? Un'allegria. Da ciascuno prende quel che gli serve, cioè il meglio. Un accordo, un arrangiamento, un tempo, un svisata guascona, una doppia battuta d'orchestra, tutto volge al perfezionamento slabrato, vintage, consumato.
  Blues-Tangos”,
illanguidisce e commuove
Per poi tradirli tutti confondendoli (per troppo amore, non v’è dubbio) generando una musica senza tempo sospesa in un limbo dove tutto oscilla, nulla è fermo. Il Blues diventa Tango, il Tango diventa “Blues-Tangos”. E questo illanguidisce, culla, commuove, “surrealizza” lo stato d'animo di chi a teatro ha avuto la sana esperienza di ascoltarlo e vederlo pigiare come un operaio sui tasti del pianoforte. Le sue musiche, sempre evocative di un qualcos'altro con risonanze molto sgangherate e sviluppate con sapienza musicalmente anarchica, sono in realtà rifacimenti che permettono più livelli di lettura, dove in una canzone non vi è un solo è univoco messaggio, ma tanti significati e ambasciate in una missiva.
    Fraseggi beffardi
Molti percepiscono la musica di Conte come un Jazz antiquato o un blues andato, straniato e stravolto o ancora come una ballata messicana. Forse è un miscuglio di tutti e tre gli stili. Col suo fraseggio, i suoi colori scenici, i versi onomatopeici volutamente mai realizzati alla perfezione, beffardi, riesce a far passare storie e atmosfere surrealiste o intimiste, come neanche Capossela, se m'è concesso, sa esprimere. O forse, più semplicemente, viaggia su un treno parallelo, anche se non gradisce paragoni con Conte, Waits o Cohen. A Bellaria, Vinicio mi disse con fare stizzito: "E' già tanto difficile scrivere una canzone, perché poi devo andarmi a cercare se somiglia più a quello o a quell'altro? Fatica inutile, sprecata. Poi non ha senso". Aveva ragione lui, le mie erano le solite patacche ciarlatane da Rolling Stones edizione italiana, ci scrive anche Scalfarotto, quello del Pd, ho già detto tutto.

La Grande Musica
Un distacco illuminista e nobile, dell'ironia selvatica, critica, violenta, anche plebea, eppure lieve e cavallerescamente auto-ironico. Mai prendersi sul serio, non so se l'abbia detta mai questa frase, ma nelle sue canzoni si respira questo concetto basico. Assoluto disinteresse per l'attualità e tutto ciò che la circonda, ma non per la storia che ama. Un macaco senza storia in pratica, che si sente, come Gongo, prima che arrivi. I rumori annunciano il suo ingresso sulla scena del Politeama. Perché la musica dei grandi è patrimonio della nostra cultura e il nostro jazz-man lo sa bene, ma se oggi le sue canzoni sono in buone mani, il problema è la memoria, nel futuro, del passato
Ciao Renzo
In attesa del nuovo disco
I curiosi dell’arte e
di Paolo Conte in particolare, su chi o cosa valga la pena porre attenzione, dove dobbiamo mirare lo sguardo repentino: “Un disegno di Dürer, gli Hot Five di Louis Armstrong e le poesie di Camillo Sbarbaro”. Qualcosa con cui ingannare l’attesa che ci separa dall'ultima pietra preziosa di Paolo Conte ora l’abbiamo.