Notti notturne

venerdì 7 ottobre 2011

Grazie Hillary, giustizia è sfatta

  "Grazie Lady Hillary Clinton", Amanda Knox

Chico e    Amanda:
giustizia     è  sfatta


         di Matteo Tassinari
Amanda, ora libera e milionaria, che in America per molto meno sarebbe finita nel braccio della morte (provate voi negli States a raccontare un sacco di balle alla polizia e a fare la ruota nell’ufficio dello sceriffo). Chico, che in 12 anni ha visto una sola volta i suoi tre figli, in Italia non sarebbe mai stato neppure processato sulla base di indizi così labili e ora marcisce nella quasi totale indifferenza in un carcere di massima sicurezza della Florida da dove potrebbe uscire solo in una bara di zinco. Le decine e decine di giornalisti americani che hanno commentato in diretta da Perugia la sentenza hanno descritto il nostro sistema giudiziario come «medioevale», i nostri magistrati come una manica di incapaci, gli italiani come dei bigotti sessisti assetati del sangue di una ragazza acqua e sapone di Seattle.
Il volto banale del male
Lo Stato di      Diritto
e il Far      West

Il nostro, per molti aspetti, è un Paese indecente e ridicolo da sempre con una paura fottuta degli Stati Uniti, come fossimo una loro depandance comoda all'evenienza. L'unico che li trattò alla pari fu Bettino Craxi nella famosa "Crisi di Sigonella", per il resto abbiamo sempre chinato la testa per non creare troppi problemi agli alleati di sempre. Ma questa era politica, legata ad un sentire anche di piaceri. Come la sentenza che ha assolto la signorina Knox, che dimostra piuttosto, in modo inequivocabile, che l’Italia ha una giustizia inefficiente ma garantista. Troppo? Chi può dirlo?
È semmai quello americano lo Stato di diritto da Far West dove se sei ricco eviti la forca, altrimenti non ti resta che piangere o pregare. Pregiudizi? Antiamericanismo? Mettiamo davanti allo specchio Amanda (sponsorizzata da una signora di nome Hillary) e Chico (sponsorizzato da se stesso) e vediamo dove sta il giustizialismo e dove sopravvive, a fatica, la civiltà del diritto. Amanda ammise di essere in casa durante l’omicidio (salvo ritrattare) e poi mentì accusando del delitto di Meredith un innocente, tanto da essere condannata per calunnia. Chico Forti, senza l’assistenza di un avvocato, raccontò alla polizia di Miami di non aver incontrato la vittima Tony Pike il giorno dell’omicidio. L’indomani si corresse spiegando di aver mentito per paura, ma per la giuria quella bugia equivaleva ad una confessione.
L'arroganza degli americani nel volto di Amanda Knox davanti al giudice

















Per Amanda, Ficition & Books
L’incubo di Amanda è durato 1.448 giorni. Quello di Chico prosegue da 4380. Per Amanda, secondo gli americani è incarcerata ingiustamente,  mobilitandosi l'intero Paese. I soliti Stati Uniti. La copertura mediatica è stata pari a quella per la morte del Papa, gli americani hanno minacciato di boicottare i nostri prodotti, i fan hanno tifato in diretta come al Super-bowl, il segretario di Stato Hillary Clinton ha seguito personalmente il caso. Mancava solo che mandassero al Tribunale di Perugia i "berretti verdi" e "marines" per portarsi a casa Amanda con la forza. 
Solo lo zio Gianni, gli amici, il popolo di Facebook e qualche sterile interrogazione parlamentare, hanno evitato che su Chico calasse l’oblio. Il nostro ministro degli esteri Franco Frattini ha scelto, come fa spesso, il basso profilo per non urtare Washington, uomo di relazioni. Per il futuro speriamo in un sussulto di attivismo da parte di qualcuno. Lunedì sera, dopo l’assoluzione di Amanda e Raffaele, la folla a Perugia urlava "Vergogna! Vergogna!". Sbagliavano. La vera vergogna si consuma, tutti i giorni da 12 anni, nella più grande democrazia del mondo, dove un uomo sconta una condanna all’ergastolo senza lo straccio di una prova. L’Italia che dice no! E intanto ad Hollywood e a Seattle, si narra già di una fiction su Amanda. Il tempo è danaro. E la pena di morte impera nel Paese della "libertà".
Difesa a colpi, ad oltranza, consulenze, ritrattazioni e l'ombra ingombrante di Hillary













   Un volto, l'America
La libertà è qualcosa che incute, veramente, terrore. E così pure la modernità. Questo è ciò che ha reso sconcertante e mostruosa, agli occhi del mondo, l'America. Perché in America l'unico peccato è porsi dei limiti. Per questo lo chiamano il sogno americano, perché devi essere addormentato per crederci. Del resto che sono gli Stati Uniti, se non una Magna Europa? Cara Amanda, penso che non sia finita qui. A presto. Allora? Che ne dite? La vicenda merita o no lo status di giallo? In fondo ci hanno scritto su undici libri e le hanno dedicato un film in style Hollywoodiano.


mercoledì 5 ottobre 2011

Intervista a Dody

In esclusiva intervista
alla prima classificata: Dody
Dody Dudy, la vincitrice, intervistata in esclusiva da Notti notturne
Al raduno annuale delle 100 figliole più adorne

Grandi fratelli, enormi strafalcioni
Ci     fai o ci sei?
"Probabilmente"
di Matteo Tassinari

Dody Dudy, qual è il tuo tallone D’Achille? “Il destro, numero 39”.

La tua qualità principale? “Sono una ragazza scherzosa e accollativa”.

Scusa? “Accollativa, che sto bene in compagnia”.


Hai un sogno ricorrente? “Vorrei aprire una serie di locali e restare nell’ambito del commercialismo”.

Che hai fatto di speciale nel mondo dello spettacolo? “Tante cose”.


Diccene una? “Ad esempio ero anche al provino dell’anno scorso. Non mi presero, ma è sempre un’esperienza da portare nel bagagliaio della vita. Poi da piccina ho guardato mentre giravano un film”.


Hai un sesto senso? “La famiglia”.





Qual è il tuo segreto per far successo? "Si comincia all'atomo, con tanta, tanta umiltà, poi se va bene piano piano ti passano a molecola e poi hai un piccolo bacherozzo tutto tuo. Come sanno tutti, poi, partono i meteori".

I meteori? In che senso? "Un pò tutti".

Qual è il personaggio storico che preferisci? “Bud Spencer e Terence Hill”.

Oltre a loro? "Berlusconi, devo dire, che è forte però. Quando lo vedo in Tv e non solo, divento più esuberante, come se la vita andasse meglio, anche se so che va peggio, non importa, intanto lui c'è".  

La tua massima aspirazione? “Ho sempre pensato di diventare un aspirante cantautrice”.

Tipo? “Mi piace molto Costantino Vitagliano”.



Ragazza    semplice,
 acqua   e silicone


Ma non è un cantante?! “Adesso, ma vedrai che lo diventerà. Si vede che ha la professione”.

Da dove lo vedi? "Da come fuma le sigarette. La boccata alla Humphrey Bogart o la sai fare, oppure sei uno come tutti gli altri che fumano normalmente!".


Certo. Vuoi dire che ha del "mestiere"? "Ecco, si, quello".
Hai mai fatto uso della chirurgia plastica? "Sono una ragazza semplice io, acqua e silicone!".

E di droga? "Mi è successo che un tipo losco mi voleva vendere delle pasticche bluètte, ma io che sono per la vita rurale, gli ho sputato in faccia. Dicendogli: 'Preferisco vivere'".


Come lo slogan del Maurizio Costanzo Show anni fa? "Non me lo ricordo, però se lo dice lei, a me sta bene".

Le ragazze all'inizio della manifestazione. Dody è la 4°


Pensi che si possa fare strada grazie al corpo? "No no, devo proprio andarci a letto!".
Scusa l'incompetenza. Ad esempio, se in amore potesse tornare indietro, rifarebbe le cose che ha fatto? "Certo. Ma se tornassi indietro, le farei al contrario e farei confusione. Sceglierei di separarmi prima ancora di conoscerlo, no. Sono sicura che lui non capirebbe. Sarebbe un mio errore d'anticipazione sulla realtà. Non esiste proprio. In definizione, direi che va bene così per diritto, senza tornare indietro. Quel che è fatto è sotto le orecchie di tutti".
Dody Dudy durante la premiazione
Che rapporto hai con il tuo corpo? "Molto buono, cerco di passarci il più tempo possibile. Spesso lo ringrazio".

Pensi che gli errori in amore possano aiutarci a crescere? "Si, se supportato da una buona alimentazione. Io non mi faccio mancare nulla, neanche la Pausini". 


Pregi e difetti? “Nessuno”.


Chi vuoi salutare? “Il mio paese natale Roncalceci e tutti i roncalcecesi che mi hanno sostenuto con calore e affetto proprio metaforico, lo definirei conturbante ma in senso lato. Oh, qui mi commuovo sempre”.


Capisco... "Ma cosa vuole capire lei, io sono Dody Dudy, mica Lady Gaga"

Prospettive Dody-Fashion
Le tue misure? “Questa la so bene: 90, 60, 90”.

In cosa credi? “La famiglia e nei vicini di casa”.


Perché sei ancora qui? “Perché voglio sfogare anche tutta la bellezza che ho dentro. Sarà una fissazione mia, una questione del mio carattere, vuoi per un mio aggiornamento planetario, però credo proprio nell’importanza di una persona che hai di fronte, proprio che gli vedi da dentro. Questo, a tutt’oggi, è un pensiero contromano. Si chiama Astrologia”.


Ti guardi molto allo specchio? "Nooo, dopo due ore bussano alla porta.


Com'è la vera Dody Dudy? "Molto più struccata, sennò l'uomo ti considera come un oggetto del suo potere manicheo".


Manicheo? "Si, il Manicheismo, cioè dal manico!".
"Ho scurzato". "Ridi, non annusare". (fuori onda) 
Faresti un calendario? “A tutt’oggi un calendario lo farei, purché si veda bene la testa. Voi stimate le caviglie, il femore, diciamo tutta quanta la tibia e molti la clavicola, lo so perché mi è stato riferito. Però non dimentichiamoci che sopra tutte queste ossa risiede una testa”.

Sei appassionata all’arte? “Arte, tipo pittura?”.


Si, ma anche in generale? “No, nell’arte non sono stata ferrata, lo dico subito. Patti chiari amicizia lunga! La sincerità per me è la prima cosa che la mattina appena una si alza. Però mi piace leggere, tant’è che una volta ho letto entrambi i Promessi sposi. Tutti e due me li sono fatti”.

L'arte secondo Dody Dudy



Hai un uomo ideale a cui pensi? “Certo, che sia dolce e comprensibile come il mio grande fratello”.

Un nome? "Mi vergogno".


Non sarà la prima volta? "Ho un debole per Gigi Marzullo. Ma che non si sappia in giro".


Capisco. Come consideri il tuo corpo? “Di pelle".

Intendevo come ti vedi allo specchio quelle tre ore che dopo va a finire che bussano... "Ah... Sto molto attenta a cosa mangio. Manghi, prosciutti, kiwi. Il kiwi è molto importante, aiuta a fare la cacca. Non scordatelo mai nella vita, perché m’è arrivato all’orecchio che kiwi c’ha pari amminoacidi della fettina, pensate un pochetto”.

Vorresti un figlio? "No grazie, sono venuta in motorino"


Le Sise


Cosa pensi della chirurgia plastica? "Sono contraria. Il dottore mi sbagliato le sise! Mi ha messo due sise destre, quando cammino faccio molto sforzo sulla gamba. Posso allattare solo di profilo".

Scusa, Dody Dudy: ma ci fai o ci sei? “Probabilmente!”.

sabato 13 agosto 2011

Rolling Stone Magazine, che vergogna!

*Ballata per Faber*
VERGOGNA

di Matteo Tassinari
Un giornalone di quelli musicali e il pepe nel culo, senza riuscirvi, e come avrebbe potuto innanzi a tanta potenza espressiva, ha provato ad abradere, sbucciare, slabrare lo scrigno più prezioso della musica italiana, quello composto da Fabrizio De Abdré. Vergognatevi! Si chiama "Rolling Stone", non so se lo conoscete, ha sbrancato senza motivo la vita privata di Faber paragonandolo addirittura a Lucio Battisti. Paragone improponibile e da incompetenti, per un giornale che dice di occuparsi di tal'arte.

Il chimico
Il "Rolling Stone" non è altro che una "passante" o un "chimico" o Bocca di rosa o una Disamistade o un Anima salva. Non sanno cosa scrivere, ma non vedono l'ora di scriverlo. Faber si sarebbe divertito stendendovi con cinque parole stampate nell'anima del mensile fotocopia di quello americano, anzi rimasuglio di quello americano. Solo per la vendita di 50mila copie in più non è accettabile infangare uno dei massimi poeti del '900 per questioni private e per di più false. E' un gesto senza atto di amore e calma di vento. Non si passa senza colpo ferire. Ora, nelle ore infinite, vergognatevi senza risparmio, dateci dentro forte nella vergogna. Su, forza! Chiedete scusa a tutti, vi saluto oltre a non comprarvi più, a parte che non vi ho mai acquistato e vi privo di scrivere di me, visto che per due volte sono finito, non so perché, sulle vostre colonne.

      Da "Tutti morimmo a stento"

"Coltiviamo per tutti un rancore
che ha l'odore del sangue rappreso,
ciò che allora chiamammo dolore
è soltanto un discorso sospeso"
(Ballata degli impiccati, n. 5)
La
cagotica Riccione
Il suo ultimo disco s'intitolava "Anime Salve" e lui le conosceva perché anche lui lo era in una smisurata preghiera, un salmo, un'invocazione, un'imprecazione, una richiesta d'aiuto delle minoranze. Fabrizio aveva un volto bellissimo, quello di una persona capace di vivere intensamente il dolore altrui. Ma voi che capite solo il coccio, so che non capirete nulla di quel che scrivo, troppo inaciditi dalla vostra esistenza. Sono passati dodici anni da quando lo piansi perché mia madre mi disse che al tg raccontavano che Fabrizio era morto. La vita mi aveva fatto il dono di intervistarlo e conoscerlo bene per tre volte (Forlì, Riccione e Rimini) e la beffa di essere invitato a casa sua e non esserci andato.
Poeta disallineato
Con Enrica, ebbe la disponibilità di chiederci se ci andava di passare una decina di giorni a Tempio Pausania in Sardegna dove viveva con Dori e i figli. A noi non parve vero e accettammo. Poi, per le solite ragioni di cui non si conosce la ragione, non ci andammo. Oggi il rammarico è davvero tanto che mi darei degli schiaffoni in faccia. Parlammo liberamente quella sera, ci aiutò molto il Chivas in questo, e l'intervista si trasformò in un bellissimo scambio di parole e opinioni, in quel post concerto notturno nel back-stage "dentro" la cagotica Riccione. Poi passarono alcuni mesi e nel silenzio Fabrizio era in ospedale ricoverato e pochissimi lo sapevano. Il linguaggio dei versi, delle rime, dei ritornelli, usando metriche inesplorate e immuni a tutto, lo rendevano "il" poeta non allineato ad alcuna trincea, facendo sua una capacità dissacrante e ironica capace di sbriciolare le manie borghesi della metà del '900.
"Angelicamente
cristiano"
Fabrizio stesso, più volte, disse: "Cristo è stato il più grande rivoluzionario della storia". Il senso di sconfitta che le parole esprimono, non basta ad arginare quello che è stato per pochi, un profondo conoscitore ed evocatore della storia del genere umano, nelle cui vene scorre il genio dell'intuizione più sottile. Con la sua morte ci ha lasciato uno spazio preciso, angusto e avaro che nessuno ha più saputo colmare.
Di Baglioni, se vogliamo ne troviamo almeno 20, ma Faber era unico e mi sa che lo rimarrà per sempre. Va da sè che il suo obiettivo diventano i soloni, farisei, boia, sepolcri imbiancati, giudicatori e membri di giurie false, pagliacci montati, cialtroni di sempre, parolai malandrini, buffoni di corte, portaborse, infingardi di sorte, scene distorte e contorte. "Creuza de mä", nata forse per accreditare e riscattare la storia del Mediterraneo e di tutte le "migranze" in esso avvenute e cresciuta con la elaborazione di lingue nuove e stili diversi, ne era la consacrazione stilistica e simbolica dell'essenza "andreana", laddove una "mulattiera di mare", "mandilan", "gente di Lugano, facce da tagliaborse, quelli che della spigola preferiscono l'ala" o "con i chiodi negli occhi finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere" era il mondo dei reietti dalla società della sua infanzia ma sempre rifiutata.
















Le leggi del branco
Mai figure, sempre ombre, mai facce a cui chiedere dov'è che andate. Un'afflitta quanto triste visione di libertà avversa alle "leggi del branco", l'arroganza del potere mista all’alterigia della sovranità. La rabbia fa urlare ai destini ingrati. Il poeta Mario Luzi, scrisse che: "De André è il chansonnier. Un artista che si realizza proprio nell'intertestualità tra testo letterario e testo musicale". Back-frame-return. Era un lunedì e per un attimo il tempo, per un periodo imprecisato non ho avuto più pensieri, tutto si è arrestato su quella voce e su come scolpiva con le parole l'anima di chi le ascoltava. Un momento sfogato negli occhi, mi commosse fino al punto che da qualche parte mi sono detto: e adesso? Era una notizia che non pensavo neppure, poi sul fatto mi si aprì un valico di montagna brividi, a Tempio Pausania.
Un       magnifico borghese
Nato da famiglia ricca e nobile di Genova (suo padre era presidente e amministratore delegato dell'Eridania) e suo fratello Luigi De André, un avvocato genovese tra i più famosi nel capoluogo ligure. Faber faceva parte di questa estrazione medio-borghese, passando però la vita intera a denunciarne le ipocrisie di quel vivere a lui troppo stretto e poco incline alla misericordia umana. Un magnifico e bel borghese che tradì le sue origini sociali per cantare in chiave trobadorica medievale di prostitute, disertori di guerra, amici fragili, barboni, indiani uccisi da un "generale di 20 anni con occhi turchini e giacca uguale e figlio del temporale". Un artista che ha sempre avuto la percezione netta che il mondo era ingiusto e ottuso. Lui scelse, fra il 1965 ed il 1970, di andare ad abitare nei carrugi a 25 anni dall’anarchico Riccardo Mannerini, dove iniziò la serie dei concept-disk con "Tutti morimmo a stento". L'estrema sinistra gli dava del qualunquista.

Così con uno stile prima d’allora mai incluso o predetto, Faber tocca il suo vertice nell'alcolica "Amico fragile", allegoria di chi non ce la fa più e si lascia perdere nei suoi sogni solitari e gonfi di fumo. È in questo periodo (1972-1979) che De André viene sottoposto a controlli da parte della Polizia e Servizi segreti italiani. In base a quanto ricostruito quando questa informazione è stata resa nota a metà anni '90, i controlli sarebbero stati effettuati dopo che un suo conoscente era stato indagato durante le prime inchieste sulla strage di piazza Fontana (allora ritenuta a torto dagli inquirenti di matrice rossa). Le parole di Faber facevano partire di testa anche i Servizi, pensate un mensile!? 














Detestava
le maggioranze
La destra l'apostrofò "eversivo e libertino". Ma lui teneva fra le labbra dei fili d'erba che lo rendevano "molto più libero di voi". De Andrè è il più poeta dei cantautori. Ma non solo quelli italiani, anche quelli americani come Bob Dylan o Leonard Coehn o Georges Brassens. Dov'è arrivato lui, gli altri non ci arriveranno mai, per ora. Nessun altro autore ha saputo cantare così civilmente l'odio per l'inciviltà del nostro tempo. Il cinismo e l'indifferenza che hanno invaso il mondo non l’hanno mai risparmiato e lui non capiva quest’insensatezza che lo portava a vivere in una sua storia senza scegliere la vita. Detestava le maggioranze (come dargli torto) e le loro capacità di fagocitare i sentimenti per poi anestetizzarli. Amava la notte (come non capirlo) e in lei ci si perdeva lavorando, scrivendo, bevendo, fumando, lavorando, ridendo, scherzando, piangendo, sequestri, per poi svegliarsi alle tre del pomeriggio pensando a come siamo vincolati a questa vita.

La canzone del servo pastore, nel suo primo concerto a Sarzana 1981

La cognizione
feroce dei vincitori
Le volte che ho incontrato Fabrizio, mi ha sempre impressionato come con le parole mi spiazzava, mi metteva in condizione di non riuscire a replicare ad ogni sua affermazione, mi lasciava interdetto e le parole, vi assicuro, che quando lavoravo non mi mancavano. Con Faber era sempre diverso. Per lavoro li ho passati quasi tutti: Gaber, Conte, Capossela, Fossati, Dalla, Guccini... nessuno come lui. Ti sentivi quasi fregato dalla sua visione ampia, per poi alla fine ammettere a te stesso la sua ragione, anche degli scogli umani più difficili da negoziare con sintassi, linguistica diacronica o glottologia, fonie cantate, epitesi, calembour e sostantivi allungati. La verità umana è cangiante e lui ne leggeva i colori. E mi rendo conto ora di come sia limitata anche la parola nel dire il non detto per incapacità. E questa sua lucida cognizione della ferocia dei vincitori, piuttosto che ispirargli rabbia e impotenza accendeva la sua forza narrativa e dilatava la sua dolcezza, questione che tocca a pochissimi. Trovò la forza di cantare l'esperienza del sequestro vissuta con Dori, percependo la debolezza finale dei suoi sequestratori e perdonandoli.

...e andate in pace

Fabrizio De André muore l'11 gennaio 1999 all'Istituto dei Tumori di Milano, per questo m'è sembrato giusto ricordarlo a ferragosto. Lascia alla cultura parole, personaggi e suoni indelebili e cangianti come nessuno ha mai saputo fare, neanche Cohen o Dylan. Non hanno l'alto senso di Sacra Pietas che pervadeva l'anima di Faber, non avevano la misura colma del perdono di Fabrizio. Faber vi avrebbe illuminato, disintegrandovi, con un suo intercalare qualunque, una pennellata delle sue, un colpo di artista a "tuto todo", sempre ostinati e contrari. Nelle pieghe delle mille umane, troppo umane, traversie e incognite da Miguel de Cervantes troviamo, certo non a caso, l'universale condizione umana.
















                                                                                                                                                                  

mercoledì 23 febbraio 2011

Tornando a Maria con Bernardo...

Bertolucci: "Volevo chiederle scusa"
"Mi hanno usata"
Dopo la morte di Maria, il regista Bertolucci ha detto: "Volevo chiederle scusa. La sua morte è arrivata troppo presto, prima che io potessi riabbracciarla teneramente, dirle che mi sentivo legato a lei come il primo giorno, e almeno per una volta, chiederle scusa". Infatti la Schneider si era sentita "usata" dal regista. "Brando e Bertolucci mi manipolarono, usandomi senza alcun riguardo. Ci ho messo molti anni per perdonare: ero proprio infuriata", confessò a suo tempo quella donna francese dal volto inquietante per la sua innocenza. Maria incolpò il suo regista di aver carpito offeso la sua ingenuità. A complicare le cose ci furono scompensi psicologici e una progressiva dipendenza da stupefacenti di lei. Ha esordito in teatro non ancora quindicenne, senza aver mai ricevuto lezioni di recitazione. Due anni più tardi ottenne il suo primo ruolo per il cinema con una piccola parte in "L'albero di Natale" del 1969 di Terence Young e, nello stesso anno, in "Madly". Infine "Il piacere dell'uomo" (1969) con Alain Delon. Si affermò tuttavia solo con "Ultimo tango a Parigi" e con l'interpretazione della misteriosa amante di Jack Nicholson in "Professione: reporter", di Michelangelo Antonioni.
Marlon Brando e Maria Schneider sul set di "Ultimo tango a Parigi"
Ultimo ricovero a Parigi
Subito dopo il successo di "Ultimo tango a Parigi", Maria Schneider dichiarò ai media la sua bisessualità, senza dimenticare che il lesbismo era ancora più osteggiato rispetto all'omosessualità, nei "mitici" anni '70. Nei primi mesi del 1976, durante le riprese di Caligola, fu licenziata dalla produzione per il suo rifiuto a girare scene di nudo. Il licenziamento le provocò una crisi nervosa tale da dover essere ricoverata in un ospedale psichiatrico. In quella occasione fu sostituita dall'attrice Teresa Ann Savoy. Il 1979 fu un anno turbolento segnato dalla tossicodipendenza, alcol e un'overdose e da un conseguente tentativo di suicidio. Nel 1980 dopo un lungo periodo di riabilitazione tornò alle scene cinematografiche e teatrali. Nel 1996 ha prodotto un disco-tributo a Lucio Battisti dal titolo Señor Battisti, di cui era anche interprete insieme a Cristiano Malgioglio. È morta il 3 febbraio 2011 a 58 anni, dopo una lunga malattia. Ora è sepolta a Parigi, nel Cimetière du Père-Lachaise.
"Ho la sensazione immotivata,
che non solo Bertolucci viva qualche rimorso" 
(Maria Schneider)
Maria Schneider poco prima di morire

lunedì 21 febbraio 2011

"Cazzo che botta!!! Ho detto, che botta cazzo!"

Perle da "Colpo finto"
Uma Thurman, la donna più bella












di Matteo Tassinari

Butch: e adesso? Marsellus: "Ora ti dico adesso cosa. Chiamerò due tizi strafatti di crack per farti un lavoretto in questo cesso, con un paio di pinze e una buona saldatrice. Hai sentito quello che ho detto pezzo di merda? Invece con te non ho finito neanche per il cazzo. Per te ho una cura medioevale per il tuo culo. Due cose. Uno non raccontare questa storia. Questa cosa resta tra me, te, e il merdoso che presto vivrà il resto della sua stronza breve vita fra agonie e tormenti. Non riguarda nessun altro questo affare. Due: lascia la città stasera, all'istante. E una volta fuori, resta fuori o ti faccio fuori. A Los Angeles hai perso i tuoi privilegi".
Bruce Willis, "Butch"


La       tirannia
degli uomini       malvagi
Ezechiele 25.17: Il cammino dell' uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre. Perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te.
Jhon Travolta con Samuel L. Jackson

"Deposito di negri

morti stecchiti?"
Esmeralda Villalobos: "Come ti chiami?". "Butch". "E che cosa significa?". "Sono americano, dolcezza, i nostri nomi non vogliono dire un cazzo anche se mi chiamo Butch. C'hai una sigaretta?".
Che moto è? Non e' una moto è un chopper. Di chi è questo chopper? E' di Zed. E chi è Zed? Zed è morto amore, Zed è morto. Dai amore, salta su.
Per caso quando sei arrivato qui, hai letto un cartello con su scritto "deposito di negri morti stecchiti?". "No, non l'ho visto": "bravo. E sai perché non l'hai visto? Perché non c'è nessun fottutissimo cartello con su scritto deposito di negri morti, cazzo!
Rivolterò il mondo per trovarlo e anche se andasse in Indocina uno dei nostri starà nascosto in una ciotola di riso pronto a sparargli nel culo.
Marsellus Wallace, the boss, al telefono

A che serve una borchia sulla lingua?


La verità è che tu sei il debole e io sono la tirannia degli uomini malvagi, ma ci sto provando Ringo, ci sto provando con grandissima fatica a diventare il pastore.
Sì, stavo seduto a mangiarmi la focaccina imbevuta di maionese, a bermi il caffé e a ripassare l'accaduto nella mia mente quando ho avuto quello che gli alcolisti definiscono il momento di lucidità.
E' solo una curiosità, a che serve una borchia sulla lingua? E' sensuale, aiuta la fellatio!
Sua Maestà: Quentin Tarantino
"Questi script per amanti del genere 'B-movie', sono un'accozzaglia meravigliosamente affastellata di frasi merdose e cazzute che aiutano il nostro culo
a sopravvivere". (Q.T.)