Mark Zuckerberg, ideatore di FB |
FB: lo spazio
vuoto
sempre pieno
di Matteo Tassinari e Franco Berardi (Bifo)
Facebook è l’incontro di milioni di solitudini, nel senso che il futuro ci ha sorpassato e imprigionato le idee. Com'è possibile? Non lo so, ma è successo. Il posto più isolato al mondo è quello più affollato. Oibò, e com'è possibile? Il paragone è simile ad un altro. Avete presente gli Ipermercati, dove trovi di tutto e di tutti, in un ingorgo di persone, vociare e tanta gente assieme tutta sconosciuta e "assudorata" e tu che in realtà non vuoi niente e non cerchi nessuno se non te stesso ma non lo sai, anzi, eviti di saperlo. Dove si trova di preciso? Nessuno potrebbe rispondere a questa domanda, perché Facebook non esiste, semmai esistiamo noi che lo rendiamo vivo, regalando milioni di dati e informazioni private e parecchi dollari al giovane talento Mark Elliot Zuckerberg. Le regole che governano questo territorio affollatissimo e desertico sono misteriose e indiscutibili.
Livellamento
verso il basso
Il tempo di Fesbuc è così rapido e disorganico, che si dilata infinitamente nella memoria senza più capirci più nulla. C'era un sito che si chiamava "tutti debbono sapere!". Era una pagina dedicata alla resistenza contro la riforma Gelmini che in un'era passata si proponeva la distruzione della scuola italiana. Impresa brillantemente condotta a termine. Diecimila persone erano collegate a quella pagina: insegnanti, genitori, studenti. A un certo punto quella pagina scomparve, cancellata senza motivazioni senza spiegazioni. Per violazione di qualche norma di un regolamento che nessuno conosce. Facebook è così.
Come le luci di Las Vegas,
in mezzo alla città del baccanale del gioco d'azzardo, del brivido, dell'immoralità situato tra la California del sud e l'Arizona, una delle parti più belle degli State's per le sue panoramiche e colori, e sei pure legittimato a sperare nella botta di culo che non verrà quasi mai o se avviene è perché da qualcuno così è stato deciso. Le cose non accadono da sole, c'è un'origine a tutto e a tutti. Su Facebook a cosa sei autorizzato a fare? Ad una terribile riduzione o livellamento verso il fondo del barile dell'espressione fotografica, letterale, poetica e, scusate se è poco, manomissioni della propria privacy. oltre alla infamate che ti tocca dire, cosa vuoi farci sono fatti così, mica vorrai cambiarla?
I famosi 15 minuti
Quando morirà Facebook (e accadrà, nell'infinito del tempo vuoto che ci attende), sarà comunque sempre troppo tardi. I danni effettuati incalcolabili saranno sempre tanti. Non a caso la frase più ascoltata durante l’ultima estate vacanziera: "Ci scambiamo l'amicizia", è il sintomo dell’ansia collettiva di strappare brandelli al quotidiano e immortalarli nella galleria dell’immaginario condiviso, nel tentativo di avvicinarsi inesorabilmente ai famosi 15 minuti di gloria di warholiana memoria, un modo per mettersi in vetrina, la stessa logica, in dimensioni ridotte, del Grande Fratello. Stessa logica se vogliamo.
Giornalista stile FB |
Ma ad un certo punto è bene svegliarsi dal torpore e dormire un bel sonno. Difficile è narrare qualcosa che valga la pena di leggere e non imporre testi improponibili ringraziando chi invece ci regala i suoi silenzi. Ellissi, iperboli, parole gergali, calembour, vita mangiata negli orari sbagliati, fumo e catrame, tutto vuoto pneumatico per “I nuovi poeti del Web”.
Bukowski era contrario a Fb |
Pensare che Bukowski scriveva i suoi versi dietro gli scontrini fiscali che gli rilasciavano alla mensa dei poveri dove mangiava. Poeti non ci s’inventa, Poeti on the web, né si nasce. Lo si diventa. Questo tu chiedi? Non aspettarti alcuna risposta. Sei su Facebook, quindi accettale tutte, una ti piacerà certamente e sarai contento, convinto d’essere riuscito nella tua piccola operazione per te così rivoluzionaria. Come al mercato della frutta. Capita di ricevere sempre più spesso messaggi (spesso comicamente disperati) di persone che sono state bannate dal social network e annaspano perché la loro socialità si alimentava sempre più degli scambi di messaggi e della continua consultazione del sito nel quale chi è solo può trovare la coccolante conferma della sua esistenza e la sensazione vaga di avere amici, anche se più tempo passi davanti allo schermo, meno amici avrai nella carne e nello sguardo. Una bomba psichica a tempo destinata a distruggere ogni empatia tra esseri umani, ogni capacità reale e oggettiva di scambio reciproco delle proprie idee e desideri, cercando l'anonimato come metodo aggregativo per non donarsi, la chimica che scatta come quando ci si guarda negli occhi. E' ormai un'ovvietà che la gente segua quel che fa il gregge, sempre senza tanto riflettere, confermando il motore immobile di tanti successi commerciali. Nel mondo reale come in quello virtuale.
Cultore multitask,
erotico reazionario
erotico reazionario
Non stiamo parlando unicamente di giovanissimi smanettoni, come vorrebbe il luogo comune, ma anche di signore e signori di mezza età che trovano nell’esercizio quotidiano del cambio di “status” un’efficace maniera per lanciare messaggi subliminali in occasionali, quanto impegnative, derive penosamente sentimentali. Facebook sta trasformando tranquille casalinghe e placidi ragionieri in scatenati cultori del multitask erotico, mai ci fu più malandrino attentatore alla serenità della coppia, ma solo perché quello che si faceva di nascosto oggi è sotto il controllo di tutti. Anche il biondino Bill Gates s’è distanziato da Facebook. Ogni giorno, circa 10mila sconosciuti, volevano diventare suoi "amici". Un pò tantini i tontini. E' come se in un bar qualcuno volesse stringervi la mano ogni 10 secondi. Oppure come se la vostra donna volesse ogni 7 minuti 5mila bacini sulla guancia. Diventa stressante, dura anche fisicamente, seppur animati dai migliori intendimenti ardimentosi.
Compulsione! "Mi piace", commenti, collegamenti, saluti mattina a mane, condivisioni, inviti alle pagine, egocentrismo a picco, delusioni agli apogei e invidie adolescenziali e la vita vera va |
X Large
Un Moloch al Silicio,
un consorzio umano virtuale extralarge ed eterogeneo che esige o richiede un sacrificio assai costoso di cui ora non ci rendiamo conto. Facebook non aggrega affatto, come non forma soggetti critici ma plasma a se stessa l’interlocutore, privandolo della sua creatività, illudendolo proprio laddove viene fottuto, ossia gli fanno pensare di "creare" attraverso Fb. Quanti Che Guevara ho visto solo perché postavano un'immagine pro-Castro sull'embargo a Cuba? O quanti aforismi deficienti sono passati impunemente assieme ai milioni di emoticons e faccette? Uno specchio rotto, che offre un’immagine frammentata in mille punti e sbriciolata in ogni consistenza oggettiva relativa al reale. Arriva un momento dove ci si accorge che lo strumento è diventato improvvisamente inutile o invasivo per meglio scrivere, come quando cresci e capisci che se vuoi andare al campo a giocare con i più grandi, non puoi più portarti dietro l’orsetto di peluche.
Pagando 5mila euro diventi poeta, grazie alle case editrici online che hanno fiutato il businees |
Poeti on the web
"E' come se la tecnologia
Facebook è una trappola soprattutto per i milioni di adolescenti ma anche adulti come frustrate casalinghe o disperate. In ogni caso rimane un posto, non posto, frequentato da disperatissimi e di disperatissime.
Tutti filosofi su Fesbuc
Ed è bene dircelo, prendere coscienza di questo, perché è un ibrido che poi viene in grande parte venduto agli inserzionisti pubblicitari spinti dalla smania dei consumatori a rivelarsi e svelarsi, cedendo informazioni private, quindi, cedendo altro potere alle aziende inserzioniste. Perché quelle stesse referenze possono essere usate in tanti modi, anche per negare un lavoro o una copertura sanitaria. Facebook è così. Anche i governi e le multinazionali, usano i socialmedia per aggregare dati sui cittadini e chi naviga, con le maglie larghissime perché “tanto è un gioco”. Gli rendiamo la vita molto più facile, raccontando se ho problemi alla Prostata oppure al setto nasale. Emerge così, la parte più infantile di noi, quella che esige attenzione e ci fa dire cose stupide ma importanti per carpire gusti o tendenze, facendoci dimenticare che a volte è meglio stare zitti e sembrare stupidi che parlare e fugare ogni dubbio, chiosava il solito Oscar Wilde, che negli aforismi era tosto, ma che palle che quel suo presenzialismo, molto più esposto rispetto a quello del collega americano e più recente Truman Capote.
Jaron Lanier a destra, ed esperto in "Cultura tecnologica",
intervistato da Harry Kreisler
Lanier su Fb:
"informazione alienata"
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Jaron Lanier ha pubblicato “You are not a gadget”, che costituisce per quel che ne sappiamo la migliore critica del Web 2.0 e particolarmente del social network che ha attratto più di mezzo miliardo di utenti. “La funzione di questo modello non è, scrive Lanier, rendere la vita più facile per la gente. Lanier parte dalla premessa che l’informazione è esperienza alienata. L’esperienza reale è il solo processo che può disalienare l’informazione”.
Cosa c’entra in tutto questo Facebook? C’entra eccome! Perché Fb è la forma più compiuta di un totalitarismo algoritmico di cui Lanier parla così: “Con la formazione del Web 2.0, si è verificata una forma di riduzionismo. La singolarità viene eliminata da questo processo che riduce a poltiglia il pensiero. Preoccuperebbe per la prossima generazione che cresce con una tecnologia di rete che esalta un’aggregazione formattata e che non saranno forse più inclini in futuro a soccombere alle dinamiche della vita. Cioè l'esatto contrario del processo informatico imboccato da queste trappole di nuova generazione. Fermo restando che parliamo di Facebook, tutto il resto non c'interessa in questo caso. E non siamo certo noi a fare di tutta un'erba un fascio.
"Mi preoccupa la
prossima generazione"
prossima generazione"
Il problema è: fino a che punto questa riduzione potrà arrivare? "Se si tratta di persone che hanno ormai un’esperienza psichica ed esistenziale, probabilmente Facebook finirà per essere solo una enorme perdita di tempo e una trappola come è successo per le diecimila persone che hanno affidato a Facebook la loro azione politica e comunicativa. Ma se l’utente ha otto anni o dodici, allora io credo che la questione sia molto più pericolosa. E’ preoccupante, per la prossima generazione che cresce con una tecnologia di rete che esalta un’aggregazione formattata e fittizia. Non saranno forse più inclini a soccombere alle dinamiche di sciame?”. Un ectoplasma urbano aleggia sugli agglomerati.
Non esiste utente FB con figli, che non abbia esposto
il proprio pargolo a più riprese nel network
Facebook?
La trappola
Queste parole non le ha scritte un umanista nostalgico, né un rabbioso sovversivo luddista, tanto meno uno smanettone di Palo Alto, ma un ingegnere informatico che ha immaginato la rete molto prima che Internet esistesse, noto per aver reso popolare la locuzione virtual reality, realtà virtuale, di cui è peraltro considerato un pioniere. Per questo dovremmo ascoltarle e rifletterne il messaggio, perché la nostra socialità, attraverso la rete ed esca dalla rete e invada la vita, che altrimenti non ha più amicizia, né piacere, né senso. Nella speranza che non tutto si plastifichi, a cominciare dai sentimenti primari. Detto tutto ciò, sappiamo che Facebook ha lati positivi, ma perché ricordarceli? Non sarà meglio conoscere i rischi per potersi difendere?