Notti notturne

venerdì 24 maggio 2013

Segmenti residuati tarantiniani


Gargantuesco
come un
Black      Mamba

di Matteo Tassinari
A Ellen piace copiosamente far uso dell'aggettivo “gargantuesco” per chiosare una circostanza bizzarra o inusuale e che travalica ogni stato d'animo possibile in natura umana. E siccome imbrigliare in una sola parola "Kill Bill" volume 2° è pratica da archiviare per chi vuole bene al cinema e non lo vuole ridurre a stereotipate griglie precostituite (spaghetti western, rifacimenti musicali alla Ennio Morricone, la filosofia nipponica del Samurai, le logiche della vendetta orientale e pugnette bizantine nipponiche varie) anch'io scriverò che è un film smisuratamente Gargantuesco. Fico, no!
Yes, tighten the scope
La bimba     è sana

In realtà non esiste un modo convenzionale per raccontare "Kill Bill", specialmente se parliamo del 2° volume, più tarantiniano del primo, perché il penchant di Mister Q.T. così volle. Può esistere una sua nemesi, ma non un modo per parlarne. Non per colpa del copione, ma perché anche le parole hanno i loro limiti, pur essendo potenti per natura.
Ma vediamo di azzardare, senza mai dire più del dovuto, ma anche senza non alludere, per insipida incertezza espositiva, al magnifico sproloquio di un virtuoso gigante in tutti sensi, sia filmici che fisici, visto che pesa un quintale e mezzo ed è alto 1.90 ed è volto da Mandilan. Dicevo, che mi successe, una decina d'anni fa, quando scrivevo per il Mucchio selvaggio rivista musicale, scrissi un pezzo su Frank Zappa.
Come lo iniziavo,
a metà
lo cestinavo, per poi ripartire. Così per almeno 10 volte. Non ne potevo più. Sono uscito di casa. Ho scopato. Bevuto. Lasciato passare qualche oretta. Un joint.
Into the wild
E ho scritto senza inibizione di sorta. Il Mucchio era rinomato, perché era quasi certo che chi scriveva lì, era uno che con le parole se la cavava al di sopra del sindacato. Asserisco subito che ero un semplice corrispondente dalla Riviera romagnola, e non un redattore centrale che stava in redazione dieci ore al giorno e mettere a posto tutto il materiale proveniente dai vari collaboratori. E infatti, l'ottimo Andrea Rui Scanzi, ormai fisso dalla Gruber e Piazza Pulita di Formigli, è al Fatto passato per la Stampa, ma partì da quelle colonne "selvagge" con una rubrica personale sul calcio. E' un forte tifoso della Fiorentina e quel "Rui" derivava dal fatto che era rapito poeticamente da quel fantasista stile Van Basten, ma meno offensivo e più regista e quindi più totale dell'indimenticabile olandese.
Il Mito "Rui"

Manuel Rui Costa
     Calciatore di
raffinata caratura, Manuel Rui Costa, per anni il simbolo dei gigliati e che nel gioco ricordava il genio di Marco Van Basten, altro poeta in movimento. Da qui "Andrea Rui Scanzi", proprio come si firmava dovunque scrivesse con nobile "arte", un bel leggere. Dicevo che Daniela, caporedattrice del "Mucchio", mi telefonò a casa per farmi i complimenti per il pezzo su Zappa, chiedendomi informazioni su come l'avevo costruito e quali erano le mie basi informative, con mio notevole stupore. Il bimbo era nato, ed era sano. E io, compiaciuto, per come avevo ribasato il principio chimico attivo per fare un buon pezzo su Zappa viaggiavo sulle nuvole. Come quando Rui Costa recitava versi di poesia correndo dietro un pallone in un campo attorniato da 70mila spettatori vogliosi di un gol, solo un gol. Non che Rui Costa sia un poeta strettamente legato al suo significato, è che coi suoi movimenti fisici e geometrie calcistiche, creava bellezza e questo lo rendeva stupendo. 

Beatrix: la Sposa
"Dunque, ciò che accadde alla cappella nuziale Due Pini, e che diede inizio a questa storia cruenta, è ormai leggenda. Massacro ai Due Pini, così titolarono i giornali. Le tv locali lo chiamarono Il massacro della cappella nuziale di El Paso, Texas. Come andò esattamente, chi era presente, quante persone furono uccise, chi le uccise, sono particolari che cambiano a seconda di chi racconta la storia. Ad essere precisi, il massacro non avvenne durante il matrimonio. Si facevano le prove del matrimonio".
(Voce fuori campo di Beatrix)

  Nel cratere di Guadalupe
Tornando a Kill Bill, la storia è nota. Beatrix Kiddo (Uma Thurman, la quale è stata omaggiato da Tarantino  con il ruolo della "Sposa" come regalo per il suo 30esimo compleanno, anche se penso che l'avrebbe scritturata lo stesso) ha alle spalle un cimitero municipale di corpi massacrati da lei stesso al ritmo della danza tribale Tulana Papete (animista e vorticosissima della Costa D'Avorio del Corno d'Africa) con la spada di Attori Hanzo, una Katana affilata come la "lingua del diavolo". Indubbiamente uno dei valori aggiunti di Kill Bill 2 è proprio Bill, cioè quel David Carradine, per il quale il tempo sembra essersi fermato. La realtà pochi mesi fa ci smentì in una notizia: David Carradine è morto durante la pratica insana di giochi sessuali estremi, dove si rischia davvero di rimanerci per repentini sbalzi di pressione o blocchi della circolazione sanguigna con conseguente infarto o collasso.
Al suo     posto
volevano piazzarci il catartico Warren Beatty e ogni amante del cinema di qualità non può che ringraziare "San Quentin" per la scelta di lasciare il ruolo al mito anni '70 delle arti marziali, qui in forma smagliante, impeccabile, capace di rubare la scena alla sempre eccellente Uma, che da sempre è la donna più bella del mondo. La sceneggiatura, specie nelle originalissime forme con le quali elimina i personaggi dalla storia, si attesta come una delle migliori mai scritte da Tarantino che si autocita in almeno una mezza dozzina di occasioni. Tanto l'ego di Quentin Jerome Tarantino, per sua stessa ammissione, si sa che ha dimensione galattiche e la ricerca affannosa di sorprendere (riuscendoci alla grande) il suo pubblico è solo una maniera per far soldi senza far rapine e lenire quella pulsione acuta e roboante che gli fluttua nelle vene e nelle Iene: "Se non avessi sfondato nel cinema, sarei stato sicuramente un delinquente". L'avrà pure detto per colpire ulteriormente il suo pubblico, però io ci credo. Conosce troppo bene quegli escamotage. 
La lista dove è buona vida non esserci
        L'ora di Ellen

Uma ha un  taccuino black, dove annota chi manca all'appello delle questioni irrisolte. Per Ellen, Budd (Michael Madsen) e Bill (David Carradine, morto nel frattempo in seguito a maldestre pratiche di giochi erotici orientali) gli unici rimasti, è questione di minuti. La più sacerdotessa samurai è più pericolosa di un Black Mamba e sta per arrivare. Nell'aria si respira vendetta, la in quel cratere di Guadalupe, casa di Budd in un camper dove un Black Mamba lo pizzicherà in fronte per farlo schiattare in 30 secondi di folle agonia ultimativa e complessiva.

I suoi occhi
non vedono perdono
Non ha i capelli della compassione Beatrix, e neppure il volto della pietà, tanto meno i suoi occhi non narrano perdono, semmai sono iniettati di sangue inacidito da anni di assoluta attesa che più pesante di essa, c'è solo la morte. Budd, come una iena selvatica, avverte con il linguaggio dell'istinto, la vicinanza di una carogna da spiluccare ossa per ossa. Annusa la misteriosa presenza della Sacerdotessa instradata da Tai-Pei, sparsa nell’aria. "Quella donna merita la sua vendetta e noi meritiamo di morire". E' la nemesi.



Nella voragine del
cratere     El       Paso
L'epilogo di una storia che ha per teatro una lunare El Paso, nella fattispecie inquietante come poche altre zone più o meno desertificate del mondo, brulla come la desolazione che ti consuma. Ma in quel cratere di mondo, tra Texas, Guadalupe e Messico, sta arrivando con passo dall'incedere incalzante la donna dai piedi più belli del mondo (l'ha scritto Variety americano), sempre più determinata a toccare quanto basta con le sue unghie il cuore di Bill. Più del volume 1°, Kill Bill 2° è esagerato, sopra le righe, verboso, mai noioso, e cosa importante andrebbe rivisto più e più volte per apprezzarne ogni dettaglio, ogni sfumatura. Ma è anche vero che uno fa quel che può.
Face to face finale con Bill
Face to Face
Face to     Face
Ma prima del Face to Face finale, alla Cower-Girl con Katana si dischiuderanno tanti saperi preclusi alla maggior parte degli umani grazie al maestro Taipei, fino a diventare la guerriera americana in salsa giapponese. Il lungometraggio è una cascata in piena di perle d'autore, citazione rubate, ma questo per Tarantino non è una novitò senza nulla togliere al fascino del geniale regista. A cominciare dal combattimento tra Ellen e Beatrix, (Thurman-Hannah, con la benda pirata nell'occhio destro, ma ancora per poco, perché dopo anche quello sinistro avrà qualche problema, dopo che la Sposa glielo toglierà dall'orbita. La scena iniziale in bianco e nero tra Uma e David, la paranoica, irritante e claustrofobica sequenza dove la Thurman viene chiusa con chiodi in una bara e poi sepolta e nulla è più tosto di un chiodo da bara.

Ecco   gli elementi  
del cocktail:
esplosione del cuore con la punta delle cinque dita secondo Tai-Pei, il Black Mamba, il serpente più velenoso al mondo comprato da Ellen su Internet sotto la Lemma Black-Mamba, siringhe al Sodio-Penthotal, Katane forgiate da Hattori Hanzo (Sonny Chiba), occhi snervati dalle orbite e schiacciati fra le dita dei piedi spray al peperonicino da spruzzare nelle pupille e monologhi che non si sentivano dai tempi di "Una vita al massimo", copione scritto da Quentin Jerome Tarantino e venduto per 40mila dollari alla Miramax per la regia di Tony Scott. Era il 1990 circa, e colui che era il ragazzo terribile, per poi divenire la "Iena di Hollywood", come recita la spumeggiante biografia di un tizio, tal Matteo Tassinari, per i tipi della "Bevivino editori Milano", che tipi!
Quentin Jerome

nell'Olimpo Lumière
Oggi direi che è giunta l'ora di fare stop con le mezze parole, i mezzi apprezzamenti e dare la stura a quel che Q.T. si merita. Il giovane regista nato a Knoxville il 27 marzo del 1963, ha ampiamente superato De Palma, Scorsese, Von Trier, Coppola, Kubrick, Parker, Forman e compagnia direi proprio bella e variegata, con narrazioni ben distinte le une dalle altre e generi filmici che si sovrappongono a strutture personalissime ma sempre miscelate, filtrate e rielaborate. Non è arte semplice, il "copiare", non pensiate. Tutti i grandi geni, da Freud a Lutero, da Leonardo a Tesla, hanno percorso strade che portavano su di loro molte altre impronte. Di chi? Boh?



140 chili di
Cine-Show
Sul piano registico, QT è entrato di peso (è alto quasi due metri e pesa un quintale e mezzo circa) nell'Olimpo dei grandi registi, dove vi sono appena 3 o 4 nomi. Ampi dibattiti, soprattutto quando comparve ad Hollywood questo strano "animale", sbucato da un video film punto vendita in California frequentato da attori e registi, cinefili e sceneggiatori, un incrocio che pareva essere uscito da una jungla, ha parlato per 3 ore, sulla questione di quale sia il limite tra plagio e citazione.
Tarantino, da parte sua, non ha mai negato tutti i suoi riferimenti ad altre pellicole, anche movie di serie B, convinto che "I grandi artisti non copiano, rubano", riprendendo una frase del pittore Pablo Picasso. Per concludere, con "Kill Bill 2 volume", Tarantino non ha girato solo un grande film, ma ha spiegato la Storia più incredibile di tutte le vendette sanguinose capaci di raggiungere il suo apice con estrema perfidia e dolcezza. Ora la leonessa si è ricongiunta al suo cucciolo e il vento della jungla è calato definitivamente.
Ora la leonessa si è ricongiunta al suo cucciolo
e il vento della jungla si è posato
"A    Hollywood puoi venire da qualsiasi posto, non hai bisogno di un diploma. Nessun diploma mi ha fatto avere un ingaggio come attore o uno come regista. A loro non interessa chi sei e da dove vieni: devi riuscire ad avere il primo lavoro, è dura ma allora sei sulla buona strada. Il resto sta a te, qualunque cosa hai da offrire". 
Quentin, il campione la fa facile...