Notti notturne

sabato 1 settembre 2012

Carlo Maria Martini, il giusto

Conversazioni notturne a Gerusalemme

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(Sul rischio della fede)

Carlo Maria Martini
di Matteo Tassinari

Una signora di Vienna con cui sono in contatto da molti anni, sostiene da lungo tempo l''opera sociale di padre Georg Sporschill a favore dei bambini di strada in Romania e in Moldavia e mi raccontava sempre di lui. Quando ho saputo che padre Georg veniva a Gerusalemme, sono stato contento. Avevo molto sentito parlare della sua attività di padre spirituale dei giovani e volevo conoscere meglio lui e il suo lavoro. Avevo letto un testo di cui era stato curatore, stimolando i giovani ad esprimere le loro domande in una lettera indirizzata al teologo Karl Rahner, aveva realizzato un libro molto interessante. Nonostante io sia un tipo mattiniero, a Gerusalemme parlavamo spesso fino a tarda notte dei giovani di oggi. Ci siamo avvicinati ai sogni. Di notte le idee nascono più facilmente che nella razionalità del giorno. Quali sono le aspettative della gioventù? E cosa si aspetta dalla gioventù il mondo? Questo episodio della mia infanzia mi sembra una metafora della mia vita. Ho trascurato più di un'ispirazione del Signore o non vi ho prestato la dovuta attenzione. Ciò nonostante il papa e i miei superiori gesuiti mi nominarono rettore del Pontificio istituto biblico a Roma. Inoltre i gesuiti non dovrebbero diventare vescovi, e tanto meno un gesuita di Torino a Milano. Tuttavia il papa mi chiamò ad essere arcivescovo, e proprio in quest'ultima città. Riprendendo il motto sapienziale che sta nella conclusione del libro del Siracide, potrei dire: "Poco faticai e trovai per me grande pace". (cfr. Sir 51,27).












Un mondo difficile richiede il suo impegno. Da quelle conversazioni notturne a Gerusalemme è nato questo piccolo libro. La parte più importante sono le domande dei ragazzi. Sono ancora interessati, oggi, a criticare la Chiesa?, noi, chi governa, l'establishment? Oppure si allontanano in silenzio? Io sono convinto che là dove esistono conflitti arde la fiamma, lo Spirito santo è all'opera. L'ho sempre sentito nell'incontro con molti giovani. Tutto è dono. Quando ero bambino, a quattro o cinque anni, si fece sulla spiaggia un concorso di bellezza e mia madre mi ci portò. Ad un comando dovevamo iniziare a correre. Veniva valutata non solo la bellezza, ma anche l'agilità. Io non udì la chiamata del direttore e rimasi fermo al mio posto. 
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                               Dio è grazia


Una Chiesa povera e aperta a tutti


"La vita mi ha mostrato che Dio è buono e fa molto di più di quanto potremmo aspettarci. Egli non smette mai d'invitarci a collaborare per costruire un mondo più pacifico. Il libretto che vi consegneremo è scritto a quattro mani. Sono pensieri cari ad entrambi, ispirati da molte conversazioni con i giovani. Con loro abbiamo vissuto una Chiesa aperta. Essi lottano contro l'ingiustizia e vogliono imparare l'amore. Danno speranza a un mondo difficile".

(Gerusalemme, novembre 2007, cardinale Carlo Maria Martini)

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"Ignoro
il cicaleccio"


Carlo Maria Martini, è stato arcivescovo di Milano, la diocesi più grande del mondo, dal 1980 al 2002. Ha assunto questa responsabilità per la stessa durata del cardinale Ambrogio, il vescovo che nel IV secolo portò la pace nella medesima diocesi. Per anni il cardinale Martini è stato considerato papabilis, ossia candidato alla successione del papa. Il fatto che soffrisse di Parkison può avere rappresentato un impedimento. In Italia i mezzi di comunicazione hanno spesso strumentalizzato di questo coraggioso alto prelato come un antipapa a causa della sua mentalità aperta anche ai non credenti. Il cardinale si limitava a sorridere, quando gli si ricordavano queste cose e diceva: "Sono, semmai, un ante-papa, un precursore e preparatore per il santo Padre". L'arcivescovo Martini ebbe molti contatti, come ricorda monsignor Cortesi anche lui gesuita e cappellano del penitenziario minorile di Nisida (Napoli). Durante le visite a San Vittore e Opera parlava con i detenuti, li stimolava alla conversione. Poi la prospettica "Cattedra dei non credenti" e visioni profetiche che possono sfuggire solo a chi ha il paraocchi oppure non è cristiano nel cuore. Ignoro, volutamente, tutto il cicaleccio riguardo i detrattori di quest'uomo, che l'hanno sempre discusso, ma in quanti porporati si sono rifatti a lui, quanto magistero, il più cristiano. Le critiche, mai come in questo caso, sono il prezzo che un grande uomo deve pagare in quanto tale. Rimarrà tutto. State tranquilli.
Cosa vuol dire
“rischio della fede”?
L'espressione, Martini, non la definisce e allora – per intenderla – io ho segnato tutte le volte che nel libro ricorre la parola rischio. Ringrazio Dio per la libertà, con tutto il rischio che comporta. Il rischio della fede si basa sul rischio della libertà". E il cardinale sa e con lui ogni genitore come (negli ultimi decenni) nella società e anche nella Chiesa sia emersa una sconsiderata libertà. Ci sono dunque pericoli e c’è un rischio serio, ma non c’è altra via per la fede: essa va giocata in questa condizione umana. Il rischio della libertà è il rischio di perdersi nella libertà. Ma nel libro c’è anche il concetto di rischio come costo umano della fede: la fede è un salto e tu lo fai e nulla ti assicura del risultato. A pagina 32 c’è una profonda riflessione sul celibato inteso come un rischio. Egli dice che i sacerdoti e i religiosi scelgono di restare celibi per “seguire Gesù nel suo celibato”, cioè per “essere completamente liberi di servire Dio” e in tal modo “rischiano la vita per amor suo”. Se imparassimo a seguire i contesti delle parole, allora, dopo aver letto queste parole di Carlo Maria Martini, lo spirito sarà immediatamente più leggero.

 Tu, dolce premio
dei marginali
Ora, essendo malato terminale di Aids e positivo al virus dell'Epatite C con fegato compromesso, da lunedì sarò ricoverato al reparto infettivi della mia città per un pò di giorni. Per cui mi rivolgo a chi mi ha seguito in questo spazio di silicio e m'ha voluto bene e anche a chi non me ne ha voluto, spero di ritornare prima possibile. Anche se questa volta, l'ennesimo ricovero in 33 anni, è più dura di altre volte. Ma per il mondo non è certo questo un problema. Semmai il problema, inteso come confronto, ora è solo fra me e Gesù, fra il nulla che sono e il tutto che è Lui.

 Essere audaci    nella 

preghiera

Termino tornando con la mia presentazione al cuore del messaggio che ci viene dal cardinale: “Il rapporto con Gesù, che può crescere in ogni cosa, è per me la più profonda fonte di senso, di gioia di vivere”. Alla domanda su che cosa chiederebbe a Gesù se ne avesse la possibilità, Martini risponde con mite audacia: “Gli chiederei se in punto di morte mi verrà a prendere, se mi accoglierà. In quei momenti difficili, nel distacco o in punto di morte, lo pregherei di inviarmi gli angeli, santi o amici che mi tengano la mano e mi aiutino a superare la mia paura”. Questo il suo invito alla preghiera audace: “Con Dio possiamo anche lottare come Giacobbe, dubitare e combattere come Giobbe, piangere come Gesù e le sue amiche Marta e Maria. Anche queste sono vie che conducono a Dio”. Infine l’audacia è tutta giocata, di nuovo e sempre, in vista della propria morte e si fa audacia della fiducia, o dell’abbandono: “Io parto dal principio che Dio non pretenda troppo da me: sa cosa possiamo sopportare. Forse in punto di morte qualcuno mi terrà la mano. Mi auguro di riuscire a pregare”.
Chissà se in punto di morte

Qualcuno mi terrà la mano
"E mi sono riappacificato con l'idea di morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremo mai a fare un atto di piena fiducia. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre un'uscita di sicurezza. Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio". 
Cardinale Carlo Maria Martini