Notti notturne

venerdì 24 gennaio 2014

La fitta sassaiola dell'ingiuria




La macchina
del fango
                 di Matteo Tassinari
Da un pò di tempo, in Italia, si vive una sorta di ossessione, soprattutto nei luoghi dai portoni alti. Un ossessione che riguarda la cosiddetta macchina del fango, il meccanismo con cui si arriva a poter diffamare qualsiasi persona, anche Mandela. Questa ossessione io l’ho sempre avuta, come un serpeggiante senso di indifferenza, ho vissuto buona parte dei miei migliori anni con gente poco ragguardevole e portare addosso l’accusa di infame, o collaboratore di Polizia o Carabinieri era come o essere fatti fuori, in certi casi proprio fisicamente (Ernesto per tutti trovato nel porto di Ravenna con 17 coltellate all'addome) oppure essere tagliati fuori da ogni giro attraverso la diffamazione, ovvero la fitta sassaiola dell'ingiuria branduardiana, la chiacchiera, l'insinuazione, sospetti, il che è forse peggio della prima ipotesi. Era non dico la fine, ma dovevi scappare da qualche parte, scappare o conoscere qualcuno che ti salvasse. Molto lontano. 





               In ogni            caso,
qualsiasi cosa si facesse, bisognava farla subito. Fortunatamente, problemi di questo tipo non ne ho mai avuti, in maniera angosciante, anche perché le botte le ho prese pur di non fare il nome del mio pusher per 2 grammi di eroina, ma sono situazioni che sarebbe meglio evitare. La consideravo, e lo considero tutt'ora anche se su di un altro piano, un atto di giustizia. La giustizia se non è espressa e garantita dal mondo della giustizia istituzionale, non è valida. Nient'affatto. E la primavera, intanto, m’ha portato l’orrendo riso dell’idiota.
La giustizia pulsa dove i privilegi non esistono. La vera giustizia, è il dolore delle vittime e delle persone a loro vicine che si sono ritrovate a dover far a "cazzotti" con la Polizia. Federico Aldrovandi, a quanto sia stata calpestata tutta la carta costituzionale in quella vicenda.
Penso ai casi che non sappiamo e si sono spenti nel silenzio. Chi ci dice cosa succede nelle carceri italiane? Oltre all'affollamento, c'è la qualità della vita dei detenuti che deve cambiare, perché questa condizione attuale lo peggiora un detenuto. Sono 20 anni che si parla della riforma carceraria e penso che per altri 20 ne dovrò sentire ancora. 
I soliti sospetti

Sallusti, responsabile del fango

                  Vivere nel mondo
dello spaccio, non per gioco ma per bisogno e “amore malato”, è come stare sulla graticola 24 ore su 24. Una calunnia può partire in un lampo e rovinarti la vita e quindi rovinarla a qualcuno che ti è caro, come mio babbo. C’è chi preferisce andare in carcere anche 5 anni piuttosto che avere appiccicato per sempre la macchia indelebile d'infame e preciso che i fatti a cui mi riferisco sono avvenuti prima del 1983, cioè quando entrai in comunità e dopo 5 anni (un'esperienza stupenda e al contempo durissima) ne venni fuori bello come un bebè che gli hanno appena cambiato il pannolone.
Sguardo orgoglioso, che ha rovinato un popolo, non parlo della Libia



















Insinuazioni
costituzionali
Tuttavia,  questa sorta di delegittimazione totale, mi è rimasta anche se ora non ho motivo di temere nulla, dopo 30 anni direi che il tempo ha messo a posto alla meno peggio, la mia vita. Il mondo è talmente pieni di “Liberi Pensatori” che cambierei nome al fenomeno. Ma quella sensibilità per me è ancora un nervo scoperto. Persino chi viene ucciso, chi è morto e caduto per contrastare le mafie, viene  ed è ancora diffamato. La democrazia è in pericolo nel momento in cui, se ti poni contro certi poteri, quello che ti aspetta è l'attacco di una macchina che ti getta addosso fango e contumelie. Contumelie che indicano il mezzo per estensione la precisa volontà del disprezzo, come chi ha lavorato per una scialba vita intera, ora si diverte a farsi i cazzi suoi, senza pensare un secondo al mondo. Non è una generica offesa, un vago modo d'essere sgarbato. Sommergere una persona di contumelie, fucilarla con contumelie, ha già dentro di sé, senza altro aggiungere, quella esatta intenzione. Proprio come ci sono, al mondo, meccanismi votati all’ingiustizia a livello di impresa, così sembrano esserci anche misure atte a ristabilire, ogni tanto, gli equilibri. Non costituiscono un’impresa nel senso preciso del termine, ma per lo meno agiscono nel flusso naturale degli eventi e migliora la qualità della vita di alcuni.

In        prigione
In            prigione
C'è differenza tra diffamazione e inchiesta. L'inchiesta raccoglie una molteplicità di elementi per mostrarli al lettore. I giornalisti sognano di avere più informazioni possibile per poter approfondire, per poter trovare elementi che dimostrino, inchiodino, difendano, rafforzino. La diffamazione prende invece un elemento dal contesto, una cosa privata che non ha relazione alcuna con la cosa pubblica e la usa contro la persona che si è deciso diffamare. La democrazia è in pericolo nella misura in cui, quando accendi il computer per scrivere il tuo articolo (essendo ora giornalista) al tempo stesso pensi: "Domani mi attaccheranno su cose che non hanno niente a che vedere con la vita pubblica, niente a che vedere con un crimine commesso".











Useranno     il tuo
privato     contro di te
Non hai fatto nulla di male, ma useranno il tuo privato contro di te, ti costringeranno a difenderti. Allora, chiunque tu sia, sindaco, assessore, medico, giornalista, prima di criticare ci pensi un po'. Quando questo accade, inizia a incrinarsi la libertà  di stampa, inizia a incrinarsi la libertà di espressione. È ovvio, l'Italia non è la Cina, né una dittatura fascista. Nessuno viene arrestato per ciò che scrive. Ma la confusione tra diffamazione e inchiesta è un metodo. È il modo di difendersi di chi diffama. Lo scopo è poter dire: "Siamo tutti uguali".
Ennò, non è vero che siamo tutti uguali! Il meccanismo della macchina del fango in fondo è questo, poter dire: "lo fate anche voi, quindi, lo facciamo tutti". Il punto nevralgico, lo snodo dei poteri che crea le differenze in cittadini di serie A e di serie B, non sta nella tua colpevolezza o innocenza, ma nel tuo saper corrompere, snaturare una vicenda, gli appoggi che hai. Mi fa ridere quella mano sulla Bibbia e quella frase che è in tutte le aule processuali "La Legge è uguale per tutti". In base a molti fattori che non hanno nulla a che vedere con il reato imputato ancora da provare, dipenderà il giudizio o verdetto del giudice. 
La fitta     sassaiola
dell'ingiuria
Questo metodo funziona benissimo, perché in fondo è quello che la gente vuole sentire. Perché se siamo tutti uguali, nessuno ha bisogno di sentirsi migliore, di fare qualcosa per essere migliore.
La macchina del fango vuol dire: abbiamo tutti le unghie sporche, siamo tutti uguali. La forza della democrazia è la molteplicità. L'istinto che invece sta emergendo nel Paese, purtroppo, è quello di dire: siamo tutti uguali, tutti identici, siamo tutti la stessa cosa. È qui che vince la macchina del fango. 
Da 25 anni e molto più, è il padrone d'Italia
Bisogna sapere
Guardare le differenze. La differenza è ciò che la macchina del fango non vuole che lo spettatore, il lettore, il cittadino intuisca. Una cosa è la debolezza che abbiamo tutti, un'altra il crimine. Una cosa è l'errore un'altra l'estorsione. I politici possono sbagliare, significa che fanno. Ma una persona che sbaglia è ben diversa da una persona corrotta. In realtà, di fronte alla macchina del fango non bisogna rispondere dicendo: "Noi siamo migliori". Bisogna dire: "Noi siamo diversi". Bisogna sottolineare la differenza, non mettere tutto sullo stesso piano. Segnalare, per esempio, che la privacy è sacra è uno dei pilastri della democrazia. Poter dichiarare il proprio amore alla persona che si ama senza che nessuno ascolti.
Privacy, Potere, Peyote
        e dossieraggio
Mi faccio spesso questo esempio per capire i confini invasi dall'osservazione, dal gossip che diventa strumento del potere per ricattare. Immagino che cosa significherebbe essere fotografati mentre si è al bagno. Tutti andiamo al bagno, tutti siamo seduti sulla ceramica. Ma se qualcuno ti fotografa lì e diffonde la foto di quel gesto universale, perdi credibilità perché le persone che incontri - i tuoi vicini, i tuoi ascoltatori se hai un’attività pubblica - quando parli - ricorderanno sempre quella foto, quell'immagine. Banale?
Certo, ma dimostratemi il contrario. E importante capire che ci sono dei limiti che sono il fondamento della democrazia. Una cosa è una dichiarazione d'amore, un’altra è candidare le tue amiche perché ti piacciono e quindi finire possibile vittima di ricatti ed estorsioni. Questo smette di essere privato perché diventa condizionamento della vita dell’intero Paese. La prima, la privacy, è vita. La seconda è abuso di potere. La differenza è fondamentale, perché l'obiettivo della macchina del fango è proprio dire: è tutta la stessa cosa. E, soprattutto, abbassate lo sguardo, non criticate, fate vincere il più furbo e, se criticate, questo è quello che vi aspetta: tutto il vostro privato diventerà pubblico. Cosa succede in Italia quando si dà fastidio a chi comanda? Si attiva una macchina fatta di dossier, di giornalisti conniventi, di politici faccendieri che cercano attraverso media e ricatti di delegittimare i rivali?

Noto omosessuale
già attenzionato!?
Potrei ricordarvi molte cose. Ad esempio la vicenda della casa di Montecarlo dell'ex presidente della Camera Gianfranco Fini, nata quando ha cominciato a dissentire su alcune posizioni del suo partito di allora, ora è fora di bal. Ma dov'era il reato? Era un gesto inelegante, inopportuno? E allora? Non c'era reato. Potrei raccontarvi la storia di Dino Boffo, il direttore del quotidiano cattolico "Avvenire", che aveva timidamente iniziato a criticare la condotta di Berlusconi. La macchina del fango ha lasciato intendere di essere in possesso di un documento di natura giudiziaria che diceva: "Noto omosessuale già attenzionato dalla polizia".
MASSACRATO Dino Boffo
   Dunque?  
Qual     era il      reato?
L'omosessualità? Allora potrei ricordarvi la storia di Dino Boffo, il direttore del quotidiano della Cei "Avvenire", che aveva timidamente iniziato a criticare la condotta politica e personale di Ber­lusconi e questo gli costò parecchio, a cominciare la poltrona di direttore del giornale di cui era al timone da quasi un paio di decenni. La macchina del fango, dell'ingiuria, ossia tutta l'editoria del cavaliere, ha lasciato intendere di essere in possesso di un documento di natura giudiziaria che diceva: "Noto omosessuale già attenzio­nato dalla polizia". Ma allora qual era il reato? L'omosessua­lità? Non ci posso credere. Oppure potrei raccontarvi che la presunta omosessualità di Stefano Caldoro è diventata l'arma usata da un suo collega di partito, Nicola Cosentino, per prenderne il posto di candidato a governatore della Campania? Ragazzi, stessi meglio come salute, sarei in Spagna da un bel pò. 


















domenica 12 gennaio 2014

15 anni senza De André



A 15 anni    dalla
morte dell'evangelista     laico
        di Matteo Tassinari
L'11 gennaio 1999, moriva a Milano il cantautore genovese e il festival di Sanremo lo celebrerà il 21 febbraio, fatto non gradito a Fabrizio. In questi quindici anni, la mancanza si è sentita, eccome! E' vero, rimangono le sue canzoni, la sua poesia, i suoi versi vivranno sempre. Tutto vero, ma lui dov'è? La sua voce, i suoi occhi, quei capelli lisci e quel modo di parlare che quasi voleva sembrare antipatico. E con molti ci riusciva. Era un modo per capire chi poteva stare con lui e chi no. Era estremamente selettivo nelle amicizie, la concedeva a pochi e penso che non avrebbe sopportato nulla di Facebook. Per chi l’ha conosciuto, anche per poco, penso sia diverso rispetto a chi non c’abbia mai passato una giornata insieme.
Faber da Rosa in Sottoripa insieme al figlio Cristiano

 Mancherà il suo
sguardo sulla vita,
"Nun piagne Maddalena, idDio ci salverà, e presto arriveremo a Durango",
cantava Faber un pezzo di Dylan. Sopra Durango, Messico
    D'intensità verde
    RAMARRA
mancano le sue storie, i sogni, novelle, ballate che intrecciava lentamente con le parole e le visioni tra sogni e sonno, apparizioni amare e visionarie, se credete, colorate. Uno dei tanti "genovesi in esilio volontario", scappato da una città tanto bella quanto feroce. Come tutte, la canta a modo suo, con un ritmo, un'armonia, un flub in note che riporta immediatamente a Boccadasse, antico borgo marinaro dell'angiporto, dove Genova col profumo del mare e del pesce in brodetto o fritto addosso come un cappotto e tutte le centinaia "Crueze de ma" che scendono ripide giù verso mare. Mi viene da sorridere, se penso che una canzone in dialetto genovese ha spiegato al mondo intero un consorzio umano altrimenti neppure immaginato.

Visione Ramarra
C che risaltava di più era il verde, di una intensità "ramarra" come gli occhi smeraldini di Durango. Uno splendore che lo rendeva anarchico nell’anima, nello spirito, nelle “regole”, nel Dna, nell’ABC, nella sostanza dell’essere, per questo gli era così semplice essere Rom. Faber non somigliava ai Rom, “lui era un Rom” a detta di un Rom intervistato in quanto grande amico di Fabrizio. Se ascolto “La buona novella”, “Amico fragile”, “Spoon River”, “L’Indiano”, alla fine sono sempre quelle e sai che nuove non ce ne saranno. Aveva le ali molto grande Fabrizio, ali che coprivano parecchie persone, numerosi disgraziati. Da queste anarchie, quella sua Genova così caotica come i carruggi aveva ereditato lo spirito aperto del mare e delle genti del porto, ma anche la complessità dei carruggi, pensiero fine e gambe forti. Via del Campo come fosse il mondo.
Don Gallo, parlava del "vangelo" secondo Faber

Tanto che Don Gallo
nelle sue omelie, spesso citava “il Vangelo secondo Faber”. A 15 anni dalla sua scomparsa, l'artista genovese viene celebrato come uno dei grandi cantautori dal secondo dopoguerra ad oggi. "Sarebbe necessario che, invece di dire che Fabrizio è il Bob Dylan italiano, si dicesse che Bob Dylan è il Fabrizio americano" ha detto la scrittrice Fernanda Pivano, sua amica, che alla sua morte lo definì "Il più grande poeta che abbiamo mai avuto". Don Gallo lo definiva: "capace di mettere in contatto la terra cielo". Se lo sapessi vivo, oltre che andarlo a trovare "abbastanza spesso" all’Agnata a Tempio Pausania, dove mi aveva invitato, sarei anche più tranquillo, perché vivrei con la speranza che qualche goccia di splendore è in fase di costruzione. L’attesa di sue nuove canzoni era sempre la parte migliore. Ma è morto! Con esso anche l’attesa. E' morta la parte migliore, dove crescono le arance.
"Si, però lasciatemi stare"

"L'eleganza
nel chiedere scusa"
Mancano le sue utopie, quella voglia sana che ha sempre avuto nel difendere la libertà delle idee, delle convinzioni personali soprattutto quando queste sono fagocitate da maggioranze rumorosissime, cantava contro tutti i conformismi e tutte le banalità della vita. Mi manca la sua discrezione, la sua dignitosa riservatezza, quel suo parlare in pubblico solo se c’era qualcosa da dire e sempre con parole precise, pensate, ultimative.
Gli amici di sempre
Manca
la sua autentica arroganza d’artista, che si pente dopo averla combinata e macinata per la sua smodata vanità ed un ego pressurizzato che tende all'esplosione o implosione. Era capace a chiedere scusa come pochi. Come era altrettanto capace a provocare, mai a caso, sempre mosso da qualcosa o da qualcuno, non faceva cose gratis, anche se scherzava, doveva esserci un motivo. Altrettanto capace a fare cazzate incredibile, come quella volta, testimone oculare l’amico di sempre Paolo Villaggio, sbronzo marcio, si mise in bocca per scommessa (20 mila lire, siamo a metà anni ‘60 in una bettola dell'angiporto di Genova) che avrebbe mangiato un topo morto vomitato da un gatto piombato da chissà dove.
      Angiporto
    e Mandilan
Le 20 mila lire le sborsò il tombeur de femme Gigi Ricci, Faber non mancò di mantener fede alla sua follia, e ciancicò il topo dicendo: "Io queste 20 mila lire me le sono meritate e me le prendo". "L'impero knouto-germanico" di Bakunin è meno  anarchico di un atto simile. Oppure, più semplicemente, bastavano le sue canzoni per sentirselo vicino, perché riusciva a parlare di storie tragiche, disperate, ironiche, come piene di un sentimento che rendeva l'afflato di consolazione, di “benedizione” che non riesco a ritrovare in qualsiasi altro suo collega. La voce più consolatoria che il mio orecchio abbia mai sentito, per quanto mi riguarda, anche la risata più bella che abbia mai visto. Quelle poche volte che ci siamo visti, mi capitava di ridere solo per la sua risata, magari la battuta non l'avevo capita, ma quel riso così "aprente", ampio, antidogmatico, cordiale e sagace. Chi mi leggerà, penserà: "Ma questo è fuso per De André". Ed è vero. Sono enormemente condizionato dalle sue boutade col fiocco. Come vorrei che passaste un paio d'ore, in semplicità e in compagnia di Faber, per capire cosa voglio dire, consapevole di non riuscirvi. Le sensazioni, potrai descriverle fino ad una percentuale ma poi si ferma, è l'esperienza che ti da la conferma.

Provocatore culturale
"Il più grande rivoluzionario di tutti i tempi". Questo è stato Gesù secondo De André. "Gesù rimane un esempio da imitare – dirà in una delle ultime interviste, al Secolo XIX, il 3 novembre 1997 - Ama il prossimo tuo come te stesso. E' un principio bellissimo al quale non si può rinunciare, ma deve diventare la nostra barra del cammino”. È dunque proprio il comandamento per eccellenza, è la condizione per divenire uomo nella sua completezza umana e spirituale.

Stupito dalla vita altrui

    Compagno di viaggio,
di questa avventura umana che spesso indossa le vesti del disumano, macchì ci fa più caso affossati come siamo nei privilegi che per i più sono troppe sottrazioni? Mi mancherà la sua curiosità, o la sua innato senso provocatorio, come quando disse che "al Sud non c'è disoccupazione grazie alla mafia", che era un modo per dire che lo Stato latitava in quella zona d'Italia. Come dargli torto oggi? All'epoca, Violante, gli si scaraventò addosso con insulti al limite della querela e inaudito rigore militaresco, ma figuriamoci se Faber era il tipo che querelava qualcuno. No, lui pareggiava i conti alla sua maniera, che è sempre quella migliore. Vorrei ancora quella sua insaziabile voglia di farsi sorprendere dalla vita e dall’arte del suono sia in musica che in parola, che lo rendeva imprevedibile ma sempre legato al filo della poesia che lo aiutava a narrare cose terribili nel modo più naturale possibile.
Povertà e splendori
Come quella voglia di vivere il dolore degli altri, condividerne le povertà gli splendori, a cominciare da Princesa fino a Bocca di Rosa. Tutto questo ci mancherà di te, Amico fragile. Mi mancherà il tuo sguardo veramente anarchico sulla vita, quel tuo stare fuori delle leggi pur non essendo un fuori legge, alla costante ricerca di un’umanità che parrebbe perduta, per cantare il marciume che si mescola al nostro piroettare, l’ipocrisia di chi non vuol vedere al di la del proprio naso e la sera chiude bene la porta di casa con una Yale, poi dopo cena a letto senza sprofondare nelle ore notturne gonfio d'alcol e mozziconi di sigaretta. Il mondo rimane chiuso fuori per milioni d’individui a loro volta intrappolati da forme di egotismo, eccessivi compiacimenti con cui ci si guarda, connessi solo con la tendenza a fare di se stessi l'oggetto privilegiato di ogni riflessione, rinchiusi in una prigione senza confini.
Tutti moriremo a stento
"La ballata dei suicidi"


 Chi       revisiona 
i       revisionisti?
Tanti appuntamenti, dunque, per ricordare il cantante di chi vuole la verità. Perché De André è facile da ascoltare, la sua poesia arriva subito. Il suo messaggio non sempre. Così c’è anche chi decide di vederci più chiaro, oppure di tirarlo per quella giacchetta che Faber non ha mai indossato.
Militanti di Casa Pound
È Casa Pound di Viterbo, la quale
organizza una mostra fotografica su “uno dei più grandi cantautori italiani”, “evento preceduto da una breve conversazione”. Forse chiarificatrice. Per i fascisti del Terzo millennio, infatti, sarà l’occasione per parlare di un uomo che ha sempre combattuto la violenza e la guerra, nonché la discriminazione sessuale. Ma lo schema appare chiaro. Dopo essersi appropriati di Rino Gaetano e Francesco Guccini (alcuni versi della Locomotiva sono apparsi in un manifesto inneggiante la Repubblica di Salò), ecco un altro tentativo di mutare il significato alle cose, magari arruolando i libertari del passato. Dopo il revisionismo storico, siamo a quello cantautoriale. Per quanto vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti. Vi è già stato detto da tempo.

Anime salve e gli inganni


Fu un miracolo di incontro fra lingua e musica e oggi quelle parole diventano un menù (su richiesta) presso la trattoria La Lanterna, gestita dalla Comunità di Don Gallo. "La sua spiritualità non è monopolio delle religioni. La sua voce è la possibilità irripetibile, per la canzone, di diventare il più alto e penetrante strumento artistico della cultura popolare. Le sue canzoni sono la scelta mai sbagliata di occuparsi dei poveracci e dei senza voce: vite perdute, ma anime salve".
Le anime      salve, rese     libere
dalla diversità, c’erano tutte a salutarlo quel 13 gennaio a Genova, "un funerale da invidiare" disse il compagno di sempre Paolo Villaggio. La sua poetica smascherava le ipocrisie, indagava l’amore, in fiore o appassito, era un laudate hominem che restituiva dignità a emarginati, "princese", derelitti, mercenari, senza tetto, ubriachi. L’umanità rintanata nei bassifondi dell'angiporto genovese ispirava De André come nessun altra ipotesi, dai pantani della cronaca nera sapeva sollevare fiabe dai toni color papaveri.

Poi si vedrà
A distanza di quindici dalla sua morte, le sue canzoni acquistano sempre più consistenza, quasi fossero scolpite nel marmo degli eterni problemi delle persone e del loro essere e malessere sociale. Sopraffazione dell’uomo sull’uomo, guerra tra pari che non si ricambiano cortesie, prostitute che danno felicità e vigliacchi che non sanno più dare cattivo esempio, relativismo delle circostanze e immutabilità dei valori. Giudici e bombaroli, boia e drogati, Cristo e Cutolo, diamanti e letame, la guerra e i mille papaveri rossi. Tanti emarginati che nelle sue canzoni hanno trovato quella essenza che una società ingannatrice voleva non tanto cancellare, ma semplicemente nascondere. La dignità degli uomini prima di tutto. Poi si vedrà.